Il piccolo Eitan salvato dal papà con un abbraccio

Essere due volte padre. Generare due volte la stessa creatura, la prima regalandole la vita e la seconda custodendola con le unghie e con i denti

Il piccolo Eitan salvato dal papà con un abbraccio

Essere due volte padre. Generare due volte la stessa creatura, la prima regalandole la vita e la seconda custodendola con le unghie e con i denti. L'ultimo abbraccio di Amit Biran ha salvato la vita di Eitan, il suo figlio cinquenne, in quel volo di qualche decina di metri di quella cabina trasformata in una biglia da flipper molti metri sopra il cielo.

I miracoli, si sa, non esistono. Sono come le favole: invenzioni giornalistiche, il modo in cui definiamo i capricci del caso, il suo mischiare le carte e distribuirle coperte e servirci per una volta una mano vincente nel mezzo di una stringa di perdite. Esiste però l'amore, quello sì. Esiste l'amore di un padre che stringe il corpicino del figlio facendosi guscio, pelle, corazza. E lo salva.

Lo dicono i medici dell'ospedale infantile Regina Margherita di Torino, dove Eitan gioca l'unica partita aperta della tragedia del Mottarone, per la sua vita. Una vita magari ferita, dolorante, fratturata. Una vita orfana, monca. Ma una vita, cacchio. Che appartiene a un cinquenne sano e battagliero, un apprendista uomo. «Per essere riuscito a sopravvivere al terribile impatto è probabile che il padre, che era di corporatura robusta, abbia avvolto con un abbraccio suo figlio», dicono dunque i medici. E a noi piace far finta di non averla letta, quella parola: probabile. Perché vogliamo credere che sia andata proprio così, con certezza, senza se e senza ma. Che Amit abbia abbracciato Eitan come avrà fatto dodicimila volte nella vita, perché i figli si proteggono da sempre così, quando sono spaventati, quando sono felici, quando sono tristi, quando sono su una bara che volteggia tra le cime degli abeti e tocca dare almeno uno sfregio all'aritmetica del dolore, e quattordici è comunque meno di quindici. L'importante è che la morte non faccia all in.

Eitan è vivo. Questo conta. È vivo e bello come il papà. Non ha riportato danni cerebrali e al midollo, come ha certificato una risonanza magnetica effettuata ieri, dopo l'intervento a caldo di domenica, che ha ridotto le fratture riportate alle braccia e alle gambe. È sedato, ma forse stamattina verrà svegliato. E lì incomincerà la sua seconda vita, quella in cui non avrà più l'amore del papà e della mamma, ma quello della zia Aya, la sorella di Amit, che è arrivata per stargli vicino. Quello di un'intera comunità, Stresa, che respira con il suo respiro. Quello di due Paesi, l'Italia e Israele, che lo hanno già adottato. «Il bambino è sedato ed è molto bello - dice il presidente del Piemonte Alberto Cirio, che lo è andato a trovare -. Non ha subito traumi al volto e non dà l'idea di essere precipitato da quell'altezza».

Bello lui. Bello Eitan, il figlio di tutti. Tutti lo abbracceranno per proteggerlo da ogni altro pericolo. La comunità ebraica di Milano, nella cui scuola Eitan giocava e papà Amit lavorava, ha lanciato una raccolta fondi: si può contribuire andando sulla pagina «Dona Ora» del sito www.fondazionescuolaebraica.

it, oppure facendo un bonifico con causale «Raccolta fondi per aiuto famiglia Amit Biran» a Fondazione per la Scuola della Comunità Ebraica di Milano (Iban IT62F0538701615000042207490); o ancora contattando segreteria@fondazionescuolaebraica.it o il 3453523572. Che la vita di Eitan sia un volo senza funi che si rompono, senza più cadute.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica