Pisapia pensi ai trasporti anche se non sono gay

Se la riuscita di uno sciopero si misura in base al disagio che produce, be’, ammettiamolo: quello di ieri è stato un vero successo

Non è la prima volta che un blocco del trasporto pubblico fa saltare i nervi a Milano, ma raramente ha ottenuto effetti disastrosi come quello di ieri. Se la riuscita di uno sciopero si misura in base al disagio che produce, be’, ammettiamolo: quello di ieri è stato un vero successo. E pensare che ce lo potevamo risparmiare, giacché il contratto di lavoro già in vigore dell’Atm è sostanzialmente migliorativo rispetto alle condizioni chieste dal sindacato nazionale e l’adesione, comunque molto alta, dei lavoratori milanesi è dovuta solo a solidarietà di categoria. Insomma, l’Atm paga più delle altre aziende consorelle senza ricavarne vantaggi nella vertenza per il rinnovo del contratto nazionale (scaduto dal 2007, ritardo che, riconosciamolo, è uno scandalo). Anche per questo chi ci va di mezzo è il cittadino-utente milanese. È inevitabile chiedersi, però, cosa abbia fatto l’amministrazione comunale, dal sindaco all’assessore ai Trasporti, almeno per limitare gli immeritati disagi. Per quanto ne sappiamo, proprio nulla. E pensare che da gente di sinistra ci si aspetterebbe almeno che sia in grado di tenere buoni rapporti con i sindacati e che dimostri la tanto decantata capacità di dialogo. Ma pare che sia un bluff. Il trasporto pubblico sembrava essere il principale impegno della giunta arancione, almeno stando ai proclami pre-e post-elettorali. L’inaudito aumento del prezzo del biglietto e gli stessi introiti della famigerata Area C (inferiori al previsto però, i soliti calcoli sbagliati) erano destinati - così assicuravano Pisapia, Tabacci, Malan e compagni ­al miglioramento e all’incremento del servizio. Chiacchiere al vento, perché di miglioramenti e di incrementi non è pervenuta notizia. E che il servizio non goda esattamente di splendida salute lo si verifica proprio in situazioni di emergenza, come ieri mattina quando i treni della Linea 1, la famosa frequentatissima Rossa, la spina dorsale del sistema, si sono fermati diverse volte per guasti proprio a ridosso dell’inizio dello sciopero, e perfino in galleria, provocando un’autentica rivolta popolare, assalti ai treni e ai cancelli chiusi prima del tempo annunciato da parte dei passeggeri che contavano di farcela a prendere l’ultimo metrò. Scene manzoniane con le stazioni e le carrozze della metropolitana al posto dei forni, o dantesche con la gente incamminata nelle tetre gallerie, risse, malori, conseguenze più gravi evitate per miracolo: cose che, appunto, dai tempi dei Promessi Sposi e della Divina Commedia a Milano non si erano mai viste. D’altra per incrementare e migliorare il servizio per prima cosa servono i treni. Nuovi treni, sembra una banalità, ma non è così visto che per i 30 promessi (20 per la Linea Rossa e 10 per la Verde) l’Atm è inaspettatamente costretta a indebitarsi con dei mutui, non potendo contare sul Comune che all’ultimo momento si è inopinatamente tirato indietro. Anche inadempienze del genere a Milano non si erano mai viste. E allora almeno ci spieghino i soldi incassati col balzello dell’Area C e con l’aumento del 50 per cento del biglietto che fine hanno fatto.
Ci spieghino perché ci voglio mesi per rimettere in funzione decine di scale mobili. Ci spieghino, perché i treni della nostra metropolitana sono i più imbrattati del mondo, perché il servizio di trasporto pubblico che ci avevano promesso è rimasto nel libro dei sogni.

È vero, qualche promessa questa giunta l’ha mantenuta: il registro delle coppie di fatto, ad esempio, e altre amenità ideologiche del genere. Forse per questo non ha trovato il tempo per occuparsi di banalità come il trasporto pubblico.

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