L'agenzia di rating Moody's ha comunicato di aver rivisto le prospettive economiche dell'Italia da stabili a negative. La nostra affidabilità sul mercato del debito, e noi ne abbiamo assai, è diminuita e i rischi aumentati «a causa dell'impatto economico dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e degli sviluppi politici interni». E poi la nota evoca la possibilità che l'Italia possa fallire sul Pnrr.
Purtroppo la superficialità di queste analisi ha un certo impatto sui mercati: per degli assurdi automatismi utili a deresponsabilizzare i grandi investitori, le pagelle di questi signori influiscono sul prezzo a cui vendiamo i nostri titoli di Stato. Sia chiaro: l'Italia in questa legislatura ha fatto 400 miliardi di debito pubblico in più e dunque ha la straordinaria capacità di ignorare i rischi che corre. Ma, tornando a Moody's, è inutile recriminare. I mercati finanziari hanno le loro regole e i loro comprimari. E a poco purtroppo servirà la nota del governo Draghi che ridicolizza l'analisi di Moody's: «L'elevato livello di debito pubblico italiano a confronto con altri Paesi è già pienamente riflesso nel rating... e il peggioramento delle prospettive economiche accomuna tutte le economie avanzate». E si legga bene come continua la nota: «Le elezioni anticipate - spiega il ministro Franco a Moody's - non costituiscono un'anomalia nel contesto delle democrazie europee».
Solo pochi giorni fa, nascosto dai media, il governatore di Banca d'Italia, Ignazio Visco, aveva detto che il piano di riforme del Pnrr procedeva e i fondi arriveranno qualsiasi governo dovesse uscire dalle prossime elezioni. Aggiungiamo noi, elezioni anticipate di qualche mese rispetto a scadenza naturale della legislatura. Il punto, purtroppo è un altro. E solo parzialmente dipende da analisti pieni di pregiudizi (in genere sono italiani espatriati con qualche rancore), ma dalla nostra classe politica.
Se colui che è ritenuto il più moderato dei candidati del centrosinistra, Carlo Calenda, dice che con la vittoria della destra l'Italia diventerà come il Venezuela, se il più cossighiano dei sinistri, Luigi Zanda, spiega che queste elezioni sono come quelle del 1948 con il rischio dei comunisti alle porte, che in questo caso poi sarebbero quelli di centrodestra, se praticamente tutto lo schieramento
«progressista» considera la probabile vittoria della destra come una «sciagura protofascista», ebbene, se il tono della campagna elettorale è questo, qualche cialtrone in giro per il mondo che ci crede davvero lo si trova.
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