“Prevedo che intorno alla fine di maggio in Italia il contagio si dovrebbe ridurre e quasi azzerare. Dovremmo riaprire tutto tra la fine di maggio e i primi di giugno”. Lo sottolinea Francesco Le Foche, responsabile del day hospital di immuno-infettivologia del policlinico Umberto I di Roma. Il medico è stato il primo a ipotizzare che la partita di Champions tra Atalanta e Valencia del 19 febbraio a San Siro possa aver contribuito ad allargare i contagi a Bergamo.
L’immunologo spiega l’importanza di trattare i pazienti a domicilio durante un’epidemia. “Se riuscissimo ad attuare questo protocollo domiciliare potremmo anticipare i tempi - precisa Le Foche -. Quest’epidemia va rappresentata come un gigantesco esperimento socio-sanitario a livello planetario”. E aggiunge che è fondamentale comunicare dei messaggi positivi “senza illudere, ma senza nemmeno lasciare nell’indeterminatezza”.
L'esperto ribadisce dunque che i malati vanno curati a casa per evitare il sovraffollamento dei nosocomi. E fa l’esempio del Canada. “Medici che vanno a domicilio dei pazienti - spiega in un'intervista al Corriere dello Sport -. Avremmo dovuto approntare un protocollo domiciliare per evitare che le persone affollassero gli ospedali, con tutte le conseguenze del caso”. L’altro aspetto da contrastare è quello dei contagi e dei decessi di medici e infermieri. Secondo l’immunologo, occorre dunque intervenire nel più breve tempo possibile “per togliere pressione agli ospedali e al personale sanitario”.
La ricetta delineata dal medico è di mantenere il distanziamento umano e allo stesso tempo sfollare i nosocomi. In sostanza, occorre trattare i pazienti mediante una terapia domiciliare e va predisposta una medicina del territorio, come specificato da Le Foche. Quest'ultimo evidenzia che "tutto l’esercito sanitario oggi è all’interno degli ospedali. Questa strategia non ha portato grandi risultati. Abbiamo perso tante vite".
L’immunologo dice di essere a conoscenza di una sperimentazione di questo tipo. E sostiene che “intervenire nella prima settimana è fondamentale con il paziente paucisintomatico, cioè con pochi sintomi”. In sostanza, se nei primi 7 giorni il malato viene curato a casa, si possono ridurre l'accesso agli ospedali, la mortalità e i contagi.
Infine, Le Foche spiega che al paziente deve essere fatto il tampone "finché il danno è scarso.
Nei primi tre giorni il danno citopatico è del virus che si lega ai recettori dei polmoni e distrugge le cellule. Nei giorni seguenti - conclude - dai quattro ai sette, il sistema immunitario reagisce, lancia l'allarme. L’esercito immunitario cerca di distruggere il virus che sta all’interno della cellula”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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