Quel giudice pagato dai clan e assolto dai colleghi del Csm

Al magistrato calabrese finito in carcere i boss pagavano escort e viaggi in cambio del suo appoggio. E lui annotava tutto in un diario. Il gip: "Poteva essere fermato gia nel 2007"

Quel giudice pagato dai clan  e assolto dai colleghi del Csm

Milano - Che bella vita, il giudice Giancarlo Giusti. Viaggi, hotel a cinque stelle, belle donne. Tutto gratis. Tutto pagato dalle generose tasche di Giulio Lampada, capocosca e socio in affari del magistrato. L’importante è avere un occhio di riguardo per il boss. C’è da vincere un’asta giudiziria? Ci pensa Giusti, già applicato alle esecuzioni del Tribunale Reggio Calabria. C’è da nominare un custode dei beni della ’ndrangheta? Ecco Giusti, che sceglie la persona gradita al clan. Serve un perito di fiducia? Ci pensa sempre lui, la toga con un debole per il lusso. Una belle coppia, Lampada e Giusti.

Il primo finisce in carcere l’inverno scorso, ora il magistrato lo segue. Arrestato ieri con l’accusa di corruzione aggravata. Lui che al telefono diceva di essere «una tomba. Ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice!». Ecco, qualcuno se ne accorge. Altri no. Come certi magistrati del Csm, a cui il Consiglio giudiziario di Reggio si rivolge due volte. Quel collega - dicono - è un delinquente. E cosa fa l’organo di autogoverno della magistratura? Il 3 novembre del 2011 chiude la pratica, salvo rimangiarsi tutto il mese dopo, quando la sezione discilinare lo sospende dalle funzioni. Ma a quel punto, l’inchiesta dell’antimafia milanese e reggina è cosa nota. Lampada è in cella e Giusti nel registro degli indagati.

E si stupisce persino il gip Giuseppe Gennari, che firma l’ordine di arresto. «Giusti - scrive - è un personaggio professionalmente dedito al malaffare e che finora è riuscito miracolosamente a salvarsi». Alle esecuzioni di Reggio, assegna dei beni alla società del suocero, e gli affida incarichi per centinaia di migliaia di euro. Ma - dice - non se n’è accorto. «Come si sia potuto credere alla buona fede di Giusti - insiste Gennari - sfugge alla umana comprensione». Poi, secondo l’accusa, nomina come periti i parenti o gli amici dei Lampada. Ma per il Csm è tutto ok.

La prima volta, il 6 luglio 2007, lo assolve «perché il fatto non costituisce illecito disciplinare». Il 22 aprile 2010 il Consiglio giudiziario di Reggio Calabria ci riprova, con un parere negativo (e unanime) sulla valutazione di professionalità. «Giusti - sostengono le toghe calabresi - ha dato prova di inadeguate capacità organizzative avendo operato con inopportuna disinvoltura nel settore delle esecuzioni immobiliari». Come replica il Csm? Il 3 novembre 2011, intervengono dodici consiglieri. Qualcuno si astiene, i più votano a favore di Giusti.

Il consigliere Rossi, ad esempio, è convinto che «quelli compiuti dal magistrato siano errori ingenui, da giustificare a fronte di una positiva volontà di movimentare un settore immobile da tempo in un contesto ostile». Va oltre il consigliere Pepe. «In taluni casi, molte delle forzature fatte da singoli magistrati nel tempo sono divenute oggetto di recepimento legislativo». Mentre il consigliere Fuzio garantisce che la valutazione positiva «non è espressione di corporativismo o magnanimità, ma è segno di fiducia istituzionale nei confronti del collega». Dolente il commento di Gennari. «Avessero fermato Giusti sin dalla prima sacrosanta segnalazione del Tribunale di Reggio Calabria (2007), tutto il resto non sarebbe successo». Ma «evidentemente a Reggio hanno una sensibilità diversa da quella romana».

Così il giudice Giusti (passato al Tribunale di Palmi) può spassarsela, finanziato dai Valle-Lampada - stimano i pm - con 71mila euro tra benefit, viaggi, notti brave, alberghi, escort. Tutto annotato in un’agenda elettronica. «Giovedì 21 novembre 2008. Torno da Milano. Costituita società, dobbiamo chiudere affari. Mi trovo bene con Giulio» (Lampada, ndr). E poi, «21 settembre 2008. Serata di venerdì pazzesca fra donne e vino. Notte d’amore con Natasha. Ubriachi cotti». O ancora, «12 gennaio 2011. Torno da Milano, una serata spendendo la legittima e ubriaco fradicio».

E avanti, «14 settembre 2011. Sono a Milano. Amore bello ed aggressivo». «Il quadro è deprimente - osserva Gennari -. Ossessione per il sesso, esigenze economiche legate a un tenore di vita elevato, spasmodica ricerca di occasioni di guadagno».

Ci pensa la cosca, che gli «offre donne, divertimenti, affari, conoscenze utili». Il giudice se la gode. Appunto nell’agenda. «Mercoledì 18.3.09. Parto per Milano. Con altro spirito». Il biglietto per il Bengodi glielo paga il boss.

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