Tutto ciò che accade in Italia ha spesso quel senso di smarrimento, straniamento, paradosso, quel sapore di tragedia che si tramuta in farsa e ti spiazza, tanto che ti fa sentire un marziano sbarcato qui per sbaglio. È così anche per il primo verdetto sulla trattativa Stato-mafia. La sentenza ti dice che questo mercanteggiare sotto bombe, ricatti e paura c'è stato. I corleonesi di Totò Riina hanno generato un clima di terrore per costringere quelli che governano a Roma a sospendere e mitigare il carcere duro. Il cuore della trattativa è questo: voi fate un grosso passo indietro sul 41-bis e Cosa nostra la smette con gli attentati. Messa così è la resa assoluta dello Stato italiano davanti all'anti Stato criminale e assassino. Roba da vergognarsi in eterno. Qui però il marziano comincia a perdersi.
Ok, la trattativa c'è stata, ma lo Stato chi è? Risposta: due comandanti e un capitano dei Ros. Tre carabinieri. Importanti certo, ma se davvero la ricostruzione dei giudici è corretta hanno fatto tutto da soli? Nessuno di quelli che governano o fanno le leggi sapeva nulla? Il papello di Riina si ferma lì, con quelle richieste così esagerate che spingono Provenzano a dire: quello è pazzo, vi dico dove potete trovarlo, lo arrestate e la trattativa la fate con me che sono leggermente più malleabile.
Le bombe sono del '92 e del '93. I governi sono quelli di Amato e Ciampi e al Quirinale c'è Scalfaro. Il ministro degli Interni è Nicola Mancino e quello della Giustizia è Giovanni Conso. C'è che in effetti proprio nel '93, magari per caso, vengono revocati dallo stesso Conso molti 41-bis ai mafiosi. Eppure proprio adesso senti tutti i grillini ripetere in coro: questa sentenza è la pietra tombale sul berlusconismo. Ok, ma perché? Il senso finale di questa storia alla fine è questo? Berlusconi è colpevole. È colpevole perché quando era al governo, nel '94, quando la stagione delle bombe era già finita, a causa forse della trattativa dei governi precedenti, viene minacciato da Marcello Dell'Utri. Qualcosa non torna. Sembra quasi che allo stesso pubblico ministero Di Matteo non interessi nulla di quello che è successo nel '92 e '93.
Infatti si affretta a commentare la sentenza. Per dire cosa? Per parlare di un personaggio fuori processo: questa è la prova del legame politico tra Berlusconi e la mafia.
La prova è la condanna a Marcello Dell'Utri, il mediatore che ha preso il posto del sindaco mafioso Ciancimino nella trattativa. Chi lo dice? Un pentito affidabile. Il figlio di Ciancimino condannato proprio in questo processo per diffamazione nei confronti dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Affidabilissimo, il calunniatore.
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