"Allontanate dalla famiglia. Ma la vita in comunità peggio dei maltrattamenti"

Le due sorelle stanno vivendo un vero e proprio incubo. Allontanate dalla famiglia in seguito alla separazione dei genitori ed alle violenze del padre, si trovano ora isolate in una struttura, e potrebbero presto essere divise: "Sarebbe stato meglio non denunciare"

"Allontanate dalla famiglia. Ma la vita in comunità peggio dei maltrattamenti"

Una disperata richiesta d'aiuto quella inviata tramite lettera da due ragazzine di Torino, finite in una casa protetta a seguito della durissima separazione dei loro genitori. Dopo aver sofferto a lungo a causa dei continui e violenti scontri fra il padre e la madre, le sorelle si trovano ora intrappolate in una sorta di limbo, e desiderano con tutto il cuore ricongiungersi con ciò che rimane della loro famiglia.

A riportare la storia delle due giovani è il quotidiano "La Stampa", che ha deciso di pubblicare la loro lettera straziante. L'incubo delle sorelle ha avuto inizio circa 4 anni fa, quando la loro vita è cambiata in seguito alla separazione dei genitori. Da lì per loro è cominciato un doloroso percorso che non si è ancora concluso.

Per quanto giovani, le due sorelle hanno già attraversato un autentico inferno. "Siamo due sorelle, di 15 e 13 anni. Quando nel 2016 i nostri genitori si sono separati abbiamo iniziato ad andare sia da nostra madre sia da nostro padre. Poi però nostro padre ha iniziato ad avere degli atteggiamenti violenti con noi come aveva sempre avuto con mamma", raccontano le ragazzine nella lettera riportata da "La Stampa". Definito come un individuo violento, il padre delle sorelle è infatti ora accusato di maltrattamenti contro l'ex moglie. "Quando nostro padre ha provocato un trauma cranico a me, mia madre lo ha denunciato ma non siamo mai state ascoltate, se non da un ispettore di polizia che è venuto a scuola. Dal quel momento abbiamo deciso che non saremmo più andate da lui. Così a inizio 2018 un'assistente sociale ci ha obbligato a seguire progetti con gli educatori e durante questo progetto nostro padre ha aggredito mamma davanti a noi", prosegue il racconto.

Malgrado il terribile fatto, il progetto con gli educatori era comunque andato avanti. Poi, nel 2018, era stata avviata la consulenza tecnica del tribunale. "Le assistenti ci dicevano che se non fossimo andate da nostro padre saremmo finite in comunità, a quel punto per paura abbiamo accettato di vederlo nei weekend tutto l'anno, fino alle vacanze", spiegano le ragazzine, che raccontano l'inferno vissuto durante il periodo trascorso insieme all'uomo. "Abbiamo mandato messaggi in cui imploravamo aiuto. Come al solito nessuna risposta, siamo state abbandonate".

Vedendo i lividi rimasti sulle figlie in seguito alle percosse, la madre delle ragazze decise di sporgere una seconda denuncia. Nonostante tutto, gli assistenti sociali che si occupavano del caso continuarono ad insistere affinché le ragazze mantenessero i rapporti col padre violento. L'ultimo tentativo fu quello di affidarle alla zia per un certo periodo di tempo. "Il progetto non è riuscito" spiegano le ragazze, "a causa del fatto che nostra zia non solo non era un luogo neutro ma addirittura si arrabbiava con noi quando non volevamo andare da nostro padre, costringendoci a parlare con lui di argomenti che per noi sono molto difficili, per esempio la sua violenza, che anche l'assistente sociale aveva detto di evitare".

La zia ha poi deciso di non tenere più le sorelle, che sono quindi finite in una comunità, dove hanno anche trascorso il lockdown. Le due non possono uscire, né incontrare i familiari. Adesso vivono nel terrore di essere addirittura separate e collocate in differenti strutture. Il loro è un appello disperato: vogliono ricongiungersi alla madre, chiedono di essere almeno affidate ai nonni, che possono accoglierle. "Dopo quattro anni d'inferno siamo arrivate a pensare che sarebbe stato meglio se mamma non avesse trovato il coraggio di denunciare papà per proteggerci, almeno saremmo rimaste insieme e non separate come sta accadendo", conludono.

I nonni delle ragazzine sono naturalmente preoccupati:"Negli ultimi messaggi che ci siamo scambiati, ho ricordato alle mie nipoti di essere forti, di affrontare questa fase della vita con coraggio. Reputo però folle che i servizi sociali le costringano ad accettare ad ogni costo un padre violento e privo di affetto", ha dichiarato il nonno delle giovani, come riportato da "La Stampa".

Per aiutare le ragazze, l'avvocato Michele Nacca, a capo dell'associazione Maison Antigone che tutela le vittime di violenza, ha deciso di lanciare una petizione su Change.org. "Parliamo di minori di età non infantile con piena consapevolezza di ciò che accade loro, ragazze che potrebbero andare a denunciare da sole le violenze subite", afferma il legale. Le giovani sono completamente isolate, ma come tutte le ragazzine della loro età hanno il diritto di studiare, incontrare i loro coetanei, ricongiungersi ai familiari e usufruire del computer che la madre ha inviato loro ma che è stato negato dalla comunità. Si teme addirittura che possa essere tolto loro anche il cellulare.

"In uno degli ultimi messaggi che ho ricevuto da mia nipote mi ha scritto che non capisce perché chi decide per lei non la ascolti, non tenga conto delle sue paure ed emozioni", racconta il nonno.

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