Riforma Mes, no di Berlusconi. Stagione del dialogo già finita

Cinque giorni esatti. Tanto è durata la stagione del confronto tra la maggioranza di governo e Forza Italia

Riforma Mes, no di Berlusconi. Stagione del dialogo già finita

Cinque giorni esatti. Tanto è durata la stagione del confronto tra la maggioranza di governo e Forza Italia. Giusto il tempo di votare tutti insieme lo scostamento di bilancio, con Lega e Fdi costretti ad inseguire un Silvio Berlusconi deciso a non sottrarsi su un passaggio parlamentare così importante. Un accelerazione, quella del Cavaliere, che Giorgia Meloni e soprattutto Matteo Salvini avevano mal digerito, trovandosi di fatto obbligati a convergere sulla linea dell'alleato. Ieri, politicamente parlando, si è visto esattamente lo stesso film. Solo che al contrario. Con il leader di Forza Italia che ha deciso di far sua la linea critica sul Mes di Lega e Fdi e ha annunciato che il 9 dicembre Forza Italia voterà contro la riforma del Fondo salva Stati approvata lunedì dall'Eurogruppo.

Un cambio di passo, quello di Berlusconi, che ha colto in contropiede non solo un pezzo del suo partito, ma anche chi nel Pd stava ragionando su un possibile dialogo con Forza Italia, che in Parlamento conta ancora la bellezza di 91 deputati e 54 senatori. Una pattuglia piuttosto cospicua e che, visti i numeri risicati di Palazzo Madama, potrebbe rivelarsi decisiva. Da ieri, però, il clima di confronto sembra essere tornato nel cassetto. Prima, infatti, è stato Luigi Di Maio a dribblare l'abbraccio dell'azzurro Renato Brunetta (che in due diverse interviste aveva tessuto le lodi del ministro degli Esteri). Forse anche per mettersi in pari con il via libera della scorsa settimana alla cosiddetta norma salva Mediaset, il leader grillino è tornato infatti a cavalcare la legge sul conflitto d'interesse, vecchio cavallo di battaglia del Movimento ai tempi del Vaffa. «Va fatta il prima possibile», ha fatto sapere Di Maio durante una diretta Facebook. Poi, qualche ora dopo, è stato Berlusconi a chiudere le porte, annunciando che il 9 dicembre Forza Italia non voterà il via libera alla riforma del Mes. Che, ci ha tenuto a precisare il Cavaliere e lo ha ribadito più volte anche Antonio Tajani, «è cosa diversa dall'utilizzo dei 37 miliardi» del Mes sanitario da destinarsi «ad azioni anti-Covid». Una distinzione tanto doverosa, quanto sottilissima. Dietro la quale c'è la necessità di Berlusconi di «ricambiare» a Salvini e Meloni l'apertura sul pareggio di bilancio. La scorsa settimana era stato il leader di Forza Italia ad uscire vincente dal compromesso che aveva tenuto unito il centrodestra, ieri è toccato ai leader di Lega e Fdi. Con buona pace dei gruppi parlamentari azzurri, ieri in fibrillazione per tutta la giornata (in particolare quello della Camera).

Una mossa che, dal punto di vista del confronto tra maggioranza e opposizione, riporta le lancette indietro di una settimana. Senza i voti di Forza Italia, infatti, il passaggio in Senato della riforma del Mes diventa per il governo più che delicato. Se Pd e Italia viva sono per il «sì», il M5s resta grandemente perplesso. È vero che nella maggioranza si sta lavorando a una mozione che tenga insieme tutto, sottolineando come il voto del 9 dicembre è solo un via libera alla riforma e non la richiesta di accedere alla linea di credito del Mes.

Ma anche in questo caso la distinzione è sottilissima e il rischio che una pattuglia di grillini si sfili ugualmente è concreto. A quel punto, si farà probabilmente ricorso a qualche assenza strategica. Visto che non è pensabile affrontare una crisi in piena sessione di bilancio e nel bel mezzo di un'emergenza sanitaria.

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