In Italia circa 70mila persone devono convivere con la sclerosi multipla, una malattia neurologica cronica e spesso invalidante che colpisce soprattutto tra i 20 e i 40 anni, e in particolare le donne. Un numero impressionante di giovani adulti che devono affrontare un lungo cammino di terapia, con diverse alternative oggi disponibili.
I sintomi, causati dall'attacco che alcune cellule immunitarie scatenano contro la mielina, la guaina che ricopre le cellule nervose, sono molti e possono variare nel corso della vita, inoltre la malattia presenta una grande variabilità interindividuale di decorso.
È importante, quindi, che le persone con SM possano essere trattate con il farmaco più opportuno per loro in quel momento, così da garantire il miglior trattamento possibile.
«Il cambiamento di approccio è epocale: non si tratta più la malattia, ma il singolo malato, con le sue caratteristiche individuali. È quindi essenziale avere a disposizione farmaci adatti a colpire i bersagli molecolari che sono la causa del disturbo in uno specifico paziente», spiega Giancarlo Comi, direttore del Dipartimento neurologico e dell'Istituto di Neurologia sperimentale del San Raffaele di Milano. Circa l'85% dei pazienti esordisce con una forma recidivante-remittente di malattia, mentre un 15% presenta un esordio subdolo seguito, però, da una progressione più o meno continua della disabilità. I sintomi di esordio vanno da annebbiamento o perdita della vista ed equilibrio a scarsa coordinazione, difficoltà di articolazione della parola; e, ancora, tremori, intorpidimento e formicolio, forte affaticamento, ridotta mobilità degli arti superiori e inferiori, problemi di memoria e concentrazione e disfunzioni della vescica e dell'intestino.
Oggi, alla gamma di terapie per combattere questa grave malattia, si aggiunge una nuova opzione indicata per i pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente soprattutto quando l'attività della malattia è alta, e che propone uno schema di somministrazione del tutto innovativo: due soli brevi cicli di infusione (5 giorni il primo anno e 3 giorni a distanza di 12 mesi), con controlli mensili dello stato immunologico del paziente e per quanto riguarda le infezioni.
Il trattamento, frutto della ricerca Genzyme, garantisce un'efficacia mantenuta nel tempo, come dimostrano i risultati delle sperimentazioni cliniche che hanno coinvolto i pazienti per un periodo massimo di osservazione finora di 5 anni. Il farmaco è molto potente e garantisce una libertà dalla malattia in circa il 40% dei malati.
«La medicina di precisione identifica il farmaco adatto per l'individuo in una specifica fase della sua malattia.
La risposta a una terapia, così come il rapporto tra rischi e benefici di ogni nuovo trattamento, può variare a seconda del momento - conclude Comi -; con gli strumenti diagnostici oggi a disposizione si può evitare al malato la faticosa e dolorosa trafila di tentativi che porta all'identificazione della cura più adatta».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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