Uno scudo contro l'ictus

Centri come le Stroke Unit offrono alta efficienza e il recupero del paziente

L'ictus cerebrale rappresenta la seconda causa di morte a livello mondiale e la terza nei paesi industrializzati, dopo le malattie cardiovascolari ed i tumori, ma è la prima causa di disabilità con un elevato impatto individuale, familiare, sociosanitario. Ogni anno sono duecentomila gli italiani colpiti da ictus, l'80% sono nuovi casi. La mortalità è del 20% entro 30 giorni dall'evento. Per meglio conoscere le insidie di questa patologia si moltiplicano nel mese di aprile le iniziative anche dell'Associazione per la lotta all'ictus cerebrale (Alice), una onlus particolarmente attiva, costituita da 70 singole associazioni. Parliamo di questa patologia con il professor Giovanni Meola, cattedra di neurologia all'università degli studi di Milano e direttore dell'Unità di neurologia e stroke unit dell'Irccs Policlinico di San Donato.

In caso di ictus (i sintomi più frequenti sono difficoltà motorie e disturbi alla parola) la tempestività dell'assistenza è fondamentale. Ci si deve rivolgere subito a un medico o al 118 o direttamente ad un centro dotato di una stroke unit,cioè di un reparto di terapia intensiva dedicato esclusivamente agli ictus.In Lombardia le stroke unit sono presenti in venti ospedali, esiste così una rete di assistenza contro l'ictus.Purtroppo, solo in poche regioni è attivo il cosiddetto Codice Ictus, uno specifico protocollo di emergenza che prevede il trasferimento del paziente con ictus presso la Stroke Unit più vicina, evitando il Pronto Soccorso di strutture che ne sono sprovviste. Ancora peggiore è la situazione in quelle Regioni in cui le Stroke Unit non sono presenti ed i pazienti ricevono cure non adeguate con gravi conseguenze.

«Una stroke unit - precisa il professor Meola - dispone di letti monitorati 24 ore su 24, come in una unità coronarica per il controllo costante della pressione, del cuore con elettrocardiogramma, della frequenza cardiaca, della saturazione (ossigeno), della temperatura corporea. Ma anche della neuroradiologia per poter diagnosticare in tempi rapidissimi la natura dell'ictus, se ischemico o emorragico (cioè provocato da una perdita di sangue nel cervello). Servono neurochirurghi sempre pronti ad intervenire. Purtroppo solo il 20% delle persone colpite da ictus arriva in pronto soccorso e si rischia così di perdere tempo prezioso vitale per limitare il più possibile le conseguenze della lesione. Attenzione ai Tia, gli attacchi ischemici transitori, sono dei segnali che possono anticipare l'ictus anche di settimane. La degenza media in una stroke unit è di 8,4 giorni, di 12,2 in altri reparti».

Una novità sul piano terapeutico è la trombectomia meccanica, in grado di rimuovere fisicamente il trombo, responsabile dell'occlusione dell'arteria cerebrale. L'intervento mini-invasivo si avvale di uno stent e viene eseguito da un neuroradiologo interventista, presente negli ospedali dotati di Stroke Unit di III livello. L'accesso del dispositivo, di solito, è femorale con un sistema di guide e microcateteri che permettono di arrivare alle arterie intracraniche, navigando fino al raggiungimento della arteria occlusa. Lo stent viene aperto in corrispondenza del coagulo e, quando viene ritirato, ne provoca la rimozione. In genere, se il paziente migliora, dopo qualche giorno (5-7) viene dimesso dalla Stroke Unit e torna a casa.

«Alcuni pazienti - spiega il professor Meola - non possono ricevere la terapia

endovenosa trombolitica, trombolisi, perché controindicati oppure fuori dalla finestra terapeutica (entro le 4,5 ore)». L'ictus non solo si può curare, ma si può prevenire nell'80% dei casi, seguendo adeguati stili di vita.

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