Se i cinghiali della Raggi rubano la spesa

Quando i recinti abituali si confondo fino a venire meno del tutto, l'effetto non può che essere straniante.

Se i cinghiali della Raggi rubano la spesa
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Quando i recinti abituali si confondo fino a venire meno del tutto, l'effetto non può che essere straniante. Realtà e finzione, decoro e abbandono, campagna e città. Categorie astratte che Roma ha superato da tempo, scivolando lungo la china di un degrado documentato a più riprese dai suoi cittadini. L'ultima puntata della lunga serie è andata in onda ieri. Un video di una quarantina di secondi che ha fatto subito il giro del web e dei social ritrae la scena di un branco di cinghiali, una famigliola composta da sette-otto esemplari, che nel parcheggio del centro commerciale «Le Rughe» di Formello, a nord della Capitale, inseguono una signora e la circondano fino a farsi «consegnare» le buste della spesa e poi ne divorano il contenuto. Per nulla bucolicamente e come se fosse una cosa normalissima, un selvatico pasto cacciato in pieno giorno tra le auto in sosta e i clienti del supermercato intenti a riprendere con i telefonini, a metà strada tra la curiosità e lo spavento. Stati d'animo che del resto accompagnano i romani ogni giorno in cui escono di casa, preparati a qualsiasi tipo di obbrobrio o di avventura, nella migliore delle ipotesi.

Citiamo solo gli ultimi casi che hanno meritato l'onore (si fa per dire) delle cronache. Sampietrini del Lungotevere asfaltati dalla sera alla mattina, mentre le voragini sulle strade a grande scorrimento continuano a raggiungere proporzioni da cratere vulcanico. Se l'arena di Nîmes scambiata per il Colosseo per promuovere l'immagine di Roma in uno spot ufficiale dell'amministrazione Raggi aveva scatenato l'ironia generale, sono rimasti in pochi con la voglia di scherzare a proposito del difficile rapporto che la città continua ad avere con la fauna che la popola. I cumuli di immondizia sono il regno incontrastato di topi e gabbiani, la cui voracità ha dato vita ormai a un genere letterario a sé. Ma nella giungla urbana della Capitale adesso sono i cinghiali a prendersi la scena e a occupare di fatto anche la campagna... elettorale. Nei piani di contenimento della popolazione degli ungulati, sia chiaro, non tutte le responsabilità ricadono sulla sindaca della Città metropolitana (la competenza va distribuita con la Regione Lazio governata da Zingaretti), e fanno i conti con il consueto duello tra animalisti e chi chiede una strategia di controllo degli esemplari in circolazione. L'«esproprio proletario» messo in atto dai cinghiali al centro commerciale, come in una fiaba orwelliana, accende lo scontro politico e diventa la plastica rappresentazione di un'ennesima emergenza tutta romana, nonché un assist perfetto ai tanti avversari di Virginia.

Sarà un argomento qualunquista quanto si vuole («Se i cinghiali ti rubano la spesa, la colpa è dei Cinque Stelle in Campidoglio»), ma da parte di chi sosteneva che per tagliare le erbacce cresciute ad altezza d'uomo, nei parchi e ai bordi dei marciapiedi, bastasse assumere una squadra di pecore e capre e non investire nella cura del verde pubblico, è difficile immaginare un contributo migliore al dibattito in vista delle prossime Comunali. Il bestiario è solo all'inizio.

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