Se la politica potesse spiare la magistratura

"Vorrei sapere, se ci fossero microspie negli uffici di qualche magistrato, per quanto tempo continuerebbe a fare il magistrato"

Se la politica potesse spiare la magistratura
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«Vorrei sapere, se ci fossero microspie negli uffici di qualche magistrato, per quanto tempo continuerebbe a fare il magistrato», ha detto ieri Matteo Salvini commentando l'inchiesta che a Genova ha portato all'arresto del governatore Giovanni Toti, spiato per anni dalla procura. Sembra una delle tante frasi ad effetto cui ci ha abituato il leader leghista e invece è la pura verità. L'unica volta che dei magistrati hanno osato intercettare un collega, Luca Palamara, è caduto mezzo Csm (l'organo di autogoverno dei giudici), il procuratore generale di Cassazione (il magistrato più alto in carica) e una dozzina di procuratori hanno finito lì la carriera. Il tutto per trenta giorni di intercettazioni, peraltro pilotate ad arte per salvare chi doveva essere salvato, figuriamoci cosa sarebbe successo se, alla pari di quello di Toti, il telefono di Palamara fosse stato ascoltato per anni: penso, a ragion veduta, che la magistratura sarebbe stata decimata.

Quell'unicum della storia non era stato innescato da sete di giustizia e verità, bensì da giochi di potere interni alla magistratura: Palamara e la sua squadra erano diventati troppo potenti, si erano messi in proprio e non rispondevano più ai desiderata del sistema. Pur filtrate e, forse, depurate quelle intercettazioni scoperchiarono un mondo torbido, inquinato al punto che il presidente Mattarella parlò di «sconcerto e grande riprovazione per la degenerazione del sistema correntizio e l'inammissibile commistione fra politici e magistrati» e di «degenerazione morale» della categoria.

Ecco, siamo ancora fermi lì, all'uso delle intercettazioni come arma, allo spiare per poi cogliere di fiore in fiore e comporre un quadro corrispondente a un teorema con immancabile spruzzatina di effetti speciali senza alcun valore penale.

Tipo che Toti incontrava persone sulle loro barche, che, se lui governasse il Trentino, suonerebbe strano, ma che in Liguria, regione interamente affacciata sul mare e che di solo mare vive, è la normalità assoluta. La differenza tra magistrati e politici non è etica né morale, le debolezze degli uni sono uguali a quelle degli altri. È solo che i primi possono curiosare nelle vite dei secondi e non viceversa.

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