"Mio figlio urlava dal dolore ma dal centralino mi dicevano che avremmo dovuto aspettare un po’ perché non c’erano mezzi disponibili". L’ambulanza che porterà Pier, un ragazzo di 26 anni di origine francese, all’ospedale Sant’Eugenio arriverà però soltanto dopo due ore e mezza. A farci il resoconto del tempo passato in attesa dei soccorsi è sua madre Antonella. "Mio figlio aveva un mal di testa fortissimo, urlava, dava di stomaco e non riusciva a stare in piedi, assieme alle mie vicine di casa abbiamo cercato di aiutarlo come potevamo, ma è un giovanotto di 75 chili, neanche con il loro aiuto sarei riuscita a caricarlo in macchina e portarlo al pronto soccorso". Per questo si è rivolta al 118. Pensava che fosse questione di minuti, invece dopo una mezz’ora abbondante senza che si fosse presentato nessuno ha richiamato. Dal centralino, però, le ripetevano ogni volta la stessa frase: "Bisogna attendere".
"Mi hanno consigliato anche di rivolgermi ad un’ambulanza privata – ci racconta – ma le aziende che ho contattato mi hanno risposto che dovevo prenotarla, come se avessi la sfera di cristallo per prevedere che mio figlio sarebbe stato male". Dalle 14.45, orario della prima chiamata, gli operatori del 118 sono riusciti ad arrivare sul posto soltanto alle 17.10. "Sono stati bravissimi sia loro sia i medici dell’ospedale, si è scoperto – racconta ancora Antonella – che Pier aveva una forma molto aggressiva di meningite, e per fortuna sono riusciti a salvarlo". “Ma – protesta – aspettare due ore e mezza per un mezzo di soccorso è indecente".
Purtroppo non è un caso isolato. Con il caldo e la risalita dei casi di coronavirus le chiamate si moltiplicano, le vetture non sono abbastanza e i tempi di attesa si dilatano. Gioia, positiva al Covid, sabato scorso ha avuto un malore: "Ho provato a chiamare i soccorsi ma mi hanno sconsigliato di attivare la richiesta e quindi sono dovuta andare in ospedale in auto appena mi sono sentita meglio". Anche Daniele, un ragazzo che si è sentito male in casa lunedì, dopo aver aspettato per più di un’ora e mezza si è rassegnato ed ha chiesto a degli amici di accompagnarlo. Il problema è atavico e si ripropone ogni volta che il sistema è sotto pressione.
È il fenomeno del blocco barelle: le lettighe delle ambulanze vengono usate come veri e propri letti di ospedale. E, nel caso dei pazienti con il Covid, addirittura come "camere di isolamento". Così gli operatori sono costretti ad attendere ore all’esterno in attesa della restituzione. Secondo le nostre fonti lunedì le ambulanze ferme nei pronto soccorso della Capitale erano oltre 40. Le testimonianze si trovano anche in rete. Davide Laurenti, infermiere, posta sui social un video girato accanto ad una signora di 70 anni stesa a terra alla Stazione Termini: "Siamo qui da due ore e mezza, ho chiamato la centrale del 118 per cinque volte e la collega mi riferisce che le ambulanze sono tutte bloccate nei pronto soccorso, non c’è un tempo previsto di arrivo". "Se venite a Roma e state male, dovete solo pregare", è il commento laconico.
"Il sistema si regge su un equilibrio precario e basta poco per mandarlo in tilt, in questo caso l’aumento dei malori per il caldo e la crescita delle richieste di ricovero per il Covid conseguenti all’aumento dei casi positivi", ci spiega al telefono Alessandro Saulini, segretario del Nursind Ares 118. "Siamo vicini al collasso nonostante gli sforzi del personale, che a volte si ritrova anche ad essere aggredito dai pazienti esasperati", spiega il sindacalista. "Per questo – assicura – da mesi stiamo riscontrando un vero e proprio esodo sia da parte dei colleghi più anziani che chiedono di essere trasferiti altrove, sia dei neoassunti che in qualche caso arrivano addirittura a licenziarsi perché non ce la fanno più a lavorare in queste condizioni".
"Gli operatori sono allo stremo, il servizio va potenziato, ma per davvero. – conclude Saulini – Finora ci sono stati soltanto interventi spot che sono serviti ad affrontare le emergenze ma non a risolvere il problema". "Le ambulanze sono diventate dei fantasmi che non si materializzano o compaiono sempre più spesso con ritardi gravissimi", tuona il consigliere leghista Fabrizio Santori, che nei giorni scorsi ha raccolto diverse denunce. "I pronto soccorso dichiarano da tempo difficoltà, ma ora il caos si moltiplica. E quello che sembra emergere è un tentativo di scoraggiare gli utenti dal chiamare il servizio mobile di soccorso pubblico.
Questo – denuncia - significa negare il diritto alla salute, diritto che l'amministrazione deve invece tutelare e promuovere". "Il presidente Zingaretti – attacca - spieghi che cosa accade e ponga subito rimedio a questa nuova emergenza che si abbatte sulla città".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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