Se lo straniero pesta la moglie per i giudici non va espulso

La Cassazione ha accolto il ricorso di un marocchino condannato a 3 anni per maltrattamenti: "Non è un pericolo sociale"

Foto d'archivio
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Uno straniero può picchiare la moglie e non venire espulso. È questo l'orientamento che arriva da una sentenza della Cassazione che non predispone l'espulsione automatica per gli stranieri che vengono condannati nel nostro Paese per maltrattamento a danno del coniuge. La Suprema corte ha infatto accolto in modo parziale il ricorso presentato da un cittadino marocchino che, residente nel nostro Paese, è stato condannato a tre anni di detenzione per aver picchiato la moglie. Il marocchino ha di fatto impugnato il decreto di espulsione emesso dal giudice in fase di condanna. La Cassazione ha riconosciuto la condanna per maltrattamenti scaturita anche grazie alla testimonianza della moglie del marocchino, ma ha di fatto negato l'espulsione. Questo tipo di provvedimento "nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a 2 anni - osserva la Corte - costituisce una misura di sicurezza personale di carattere facoltativo applicabile dal giudice solo nel caso in cui, con logica e congrua motivazione, abbia verificato la sussistenza in concreto della attualità della pericolosità sociale", sottolinea la Suprema Corte. Dunque il marocchino per il momento potrà restare nel nostro Paese e di fatto la faccenda è stata rinviata alla Corte di Appello di Milano che dovrà nuovamente esprimersi sull'espulsione. La donna, va ricordato, come emerge dalle carte della sentenza di condanna sin dall'inzio del matrimonio ha subito iunsulti e percosse dal marito. Nei referti medici viene sottolieneata anche "una contusione cranica con ematoma, e contusioni addominali quando si trovava alla 32esima settimana di gravidanza", dopo un’aggressione da parte del marito.

I giudici di Cassazione non hanno però riscontrato, analizzando la sentenza di condanna motivi gravi per determinare l'espulsione del marocchino. Infatti nella sentenza della Corte di Milano, sostiene la Cassazione non ci sono motivi che possono far scattare l'allontanamento dal nostro Paese dell'uomo per condotte pericolose sul piano sociale.

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