La Cassazione tutela i clandestini: "Chi sta male, non va espulso"

La Suprema Corte sui clandestini: "Un immigrato, che si trova nel nostro Paese senza permesso di soggiorno, non può essere espulso se ha seri problemi di salute"

La Cassazione tutela i clandestini: "Chi sta male, non va espulso"

Un immigrato, che si trova nel nostro Paese senza permesso di soggiorno, non può essere espulso se ha seri problemi di salute. A sancire questa tutela per tutti i clandestini è stata la sesta sezione civile della Cassazione. Una sentenza, quella depositata oggi, che farà di sicuro discutere.

"La garanzia del diritto fondamentale alla salute del cittadino straniero, che comunque si trovi nel territorio nazionale - si legge nella sentenza depositata oggi - impedisce l'espulsione nei confronti di colui che dall'immediata esecuzione del provvedimento potrebbe subire un irreparabile pregiudizio". Tale garanzia, accordata ai clandestini dai giudici della Suprema Corte, deve "comprendere non solo le prestazioni di pronto soccorso e di medicina d'urgenza, ma anche tutte le altre prestazioni essenziali per la vita".

Al centro del processo, su cui la Cassazione si è trovata a dover esprimersi, c'era il caso di una cittadina peruviana che si era vista respingere dal giudice di pace di Roma il ricorso presentato contro il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal prefetto della Capitale. La donna si era, quindi, rivolta alla Suprema Corte lamentando il fatto che il giudice di pace "a fronte della deduzione di motivi di salute ostativi alla espulsione, derivanti dalla necessità di osservare un rigido protocollo postoperatorio conseguente a un intervento chirurgico di asportazione di ovaie, tuba, utero e linfonodi circostanti la pelvi e l'addome a causa di un tumore" si era "limitato a motivare, illegittimamente" che "la ricorrente, sebbene lamenti problemi di salute, non ha chiesto alcun permesso in merito".

I giudici

del Palazzaccio hanno dichiarato fondato il ricorso della donna e annullato la sentenza con rinvio. Il giudice di pace dovrà, quindi, riesaminare il caso tenendo conto del principio di diritto enunciato dalla Cassazione.

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