Agrigento, Gualdo Cattaneo, Taranto, Messina e oggi un nuovo caso a Brindisi. Si fa fatica ormai a tenere il conto dei migranti fuggiti dai centri di accoglienza di tutta Italia. Partono dall’Africa (soprattutto la Tunisia), approdano a Lampedusa o in Sicilia, vengono smistati dal Viminale lungo la penisola e poi se la danno a gambe. A volte vengono ritrovati a volte no, spesso scompaiono nel nulla come se niente fosse. Che questa sia diventata la nuova emergenza è ormai chiaro a molti. A quanto pare, infatti, il ministero non è in grado di garantire che gli immigrati sottoposti a regime di quarantena rimangano nelle strutture dove vengono trasferiti. Col rischio così di diffondere (di nuovo) l’infezione, anche nelle Regioni ormai “Covid free”.
Il quesito è basilare: come è possibile che riescano così facilmente a far perdere le loro tracce? I motivi sono molteplici. A Gualdo Cattaneo, per esempio, a dare una grossa mano ai fuggitivi è stata la scelta di piazzarli in un ex agriturismo situato in una zona periferica della campagna umbra, senza presidi fissi di fronte alla struttura. Come rivelato ieri dal Giornale.it, il centro gestito dall’Arci solidarietà era “non idoneo” a contenere in quarantena delle persone. Troppe vie di fuga. Ma altrove nel Belpaese di episodi simili se ne sono registrati anche sotto gli occhi di polizia e carabinieri. A volte gli agenti vengono aggrediti, altre sono impossibilitati ad agire. Ed è proprio qui l’assurdo. IlGiornale.it nei giorni scorsi aveva raccontato le irragionevoli disposizioni di servizio cui devono attenersi le forze dell’ordine schierate a controllo del centro di Villa Sikania, ad Agrigento. All’interno vengono ospitati migranti costretti alla quarantena, che spesso fuggono puntando a gruppi di 20-30 persone i poliziotti per riuscire ad eludere i controlli. Il problema è che gli agenti non possono portare l’arma pronta all’uso (pistola e caricatore devono essere tenuti separati), figuriamoci usarla. Ma soprattutto nel caso vedano scappar via uno straniero possono solo “invitarlo” a rientrare. Senza usare metodi coercitivi. Ecco perché le fughe in massa non sorprendono gli addetti ai lavori. E vanno ormai avanti da tempo. Un operatore antisommossa, che chiede l’anonimato, rivela a ilGiornale.it dettagli sconcertanti su quanto succede durante il servizio d’ordine presso le strutture per immigrati. Nei mesi scorsi, in piena emergenza Covid, ha prestato servizio presso il centro di accoglienza di Alpignano, dove già ad aprile si erano verificate tensioni a causa della presenza di 16 contagiati. “I migranti, anche se positivi al coronavirus - spiega la fonte - non sono tecnicamente reclusi. Ogni uso della forza da parte nostra per tenerli dentro sarebbe illegittimo. L’ordine che ci arriva è quindi solo quello di invitarli a stare all’interno”. Molti di loro, però, se ne infischiano. “La loro risposta? Ci dicevano: ‘Vaff..., non mi puoi fare nulla. Io vado dove caz.. voglio’. Questo perché i centri di accoglienza non sono centri di espulsione e rimpatrio”.Situazioni simili, assicura l’operatore, si ripetono nel Torinese così come a Taranto, Gualdo Cattaneo o Agrigento. Gli stranieri scavalcano le recinzioni, si nascondono nei campi intorno. E buonanotte al secchio. “Il cittadino deve saperle queste cose, altrimenti pensa che poliziotti e carabinieri non vogliano far nulla per tenerli dentro. Non è così”.
Certo: nel caso in cui nella fuga aggrediscono un agente si tratta di resistenza a pubblico ufficiale e vengono bloccati. Ma gli incensurati (cioè quasi tutti) se la cavano con una denuncia a piede libero. “Così noi li rimettiamo nel centro - dice la fonte - e loro escono di nuovo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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