Sovranisti per caso

La notte buia della politica. Dove tutti sono sovranisti.

Sovranisti per caso

E se il sovranismo fosse stato solo un equivoco? Se dietro a questa parola si celasse poco o niente, non solo oggi, quando è quasi sparita dal vocabolario politico, ma anche nel suo momento di massimo fulgore in Italia, tra il 2016 e il 2020? Anche dopo aver letto il volume di recentissima pubblicazione del politologo Thomas Guénolé, Le souverainisme (Parigi, Presses Universitaries de France, 9 euro) che avrebbe il principale obiettivo di spiegarci cosa esso sia, l'impressione è questa. Ci pare che collegata a questa parola alla fine non vi sia realmente una «cosa», cioè che il sovranismo non sia riuscito ad essere né una teoria né una ideologia politica (giusta la classica distinzione di Michael Freeden).

È stato soprattutto, almeno in Italia, un marchio per farsi spazio nel marketing politico, oltre che uno straordinario strumento polemico per gli avversari. I sovranisti avevano qualche difficoltà a definirsi, mentre per i loro avversari fu compito facile catalogarli per delegittimarli. Che il sovranismo non sia né una teoria né una ideologia politica è chiaro appunto dalla lettura del libro dello studioso, che non è certo ostile, visto che è stato consigliere di Jean Luc Mélenchon. Egli infatti finisce per classificare alla stregua di sovranismo una cosi grande varietà di esperienze da produrre il classico effetto hegeliano di notte in cui tutte le vacche sono nere. Sovranisti, gli indipendentisti del Quebec francese, che in effetti negli anni Sessanta il termine l'hanno inventato. Sovranisti gli autonomisti di ogni tipo, compresi scozzesi e catalani, ma anche zapatisti in Messico. Sovranisti i gollisti che nel 1992, diversamente dall'apparato di partito, condussero la campagna per il no a Maastricht. Sovranisti, i comunisti sopravvissuti. E trasformatisi in Podemos in Spagna e in Syrizia in Grecia. Sovranisti i socialisti di Jean Pierre Chevenement che si staccarono a loro volta da Mitterrand ed erano per il no alla Ue. Sovranisti i Le Pen. Più avanti nel tempo sovranisti i Brexiteers, ma non sovranista Trump. Sovranisti, ovvio, i 5 stelle fino al 2019.

A questo punto tanto varrebbe riprendere la categoria di anti europeisti, che è del tutto insoddisfacente, visto che ognuno di questo attori giurava essere non esser contro l'Europa ma contro questa Europa, cioè la Ue. Ma che almeno fa chiarezza perché, se c'era un elemento comune, forse il solo, a tenere assieme esperienze, culture, teorie e ideologie cosi diverse, è stata proprio la ostilità alla Ue. Ma era un fascio di forze puramente negative, esistevano solo per contrapporsi a qualcosa, perché poi, quanto a proposte di riforma dell'Europa, ognuno ne aveva una diversa.

Per fare un po' di ordine Guénelé distingue tra sovranismo civico, sovranismo etnico, sovranismo economico: il primo è quello della sinistra, il secondo quello della destra, il terzo è concentrato contro la moneta unica. Ma il sovranismo economico, come mostra chiaramente l'autore, possiede matrici nettamente di sinistra, di stampo socialista e keynesiano: il sovranismo di destra, privo di una sua dottrina economica, è stato costretto a prenderle in prestito. Ecco perché, durante gli anni d'oro della campagna anti euro, a sentire parlare Marine Le Pen o sovranisti di altri paesi, sembrava di ascoltare un vetero socialdemocratico. Nella sua definizione, Guénelé poi non riesce a spiegare in cosa differisca il sovranismo dal nazionalismo. E a noi pare infatti che siano la stessa cosa, solo che nell'Europa continentale, diversamente che nel mondo anglosassone, la parola nazionalismo era diventata tabù per varie ragioni: serviva un eufemismo, un termine che lo addolcisse, ed ecco il concetto di sovranismo. Non a caso, diversamente dai grandi ismi della contemporaneità, liberalismo, socialismo, popolarismo, conservatorismo, la parola esiste solo nel vocabolario politico italiano e francese ed è del tutto assente nel mondo anglosassone. Nello stesso tempo, mentre i partiti del passato spingevano a costituire una loro cultura politica, che fosse socialista, popolare, conservatrice, liberale, i cosiddetti sovranisti adottarono il registro anti intellettualistico del populismo: che non lascia molto spazio alla riflessione.

Ecco perché, a tutt'oggi, non esistono che tre quattro volumi che cerchino di definire la specificità del sovranismo. Insomma, forse era impossibile edificare sopra questa parola una cultura politica, ma nessuno tra gli attori politici ha neppure tentato di provarci. Sta di fatto che, con la pandemia, molti spunti critici provenienti dalla protesta sovranista sono stati recepiti dall'establishment europeo: ad esempio la fine della austerità finanziaria e il controllo delle frontiere. In tal modo, visto che la Ue era diventata sovranista, i partiti cosiddetti sovranisti sono rimasti senza proposte.

Ecco perché sarà il caso di riprendere le antiche categorie di destra e di sinistra, e le vecchie e care culture politiche. E di domandare, a quelli che ancora si definiscono sovranisti, di capire esattamente chi sono e cosa vogliono, per poi collocarsi in una di esse.

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