L'espulsione dall'Italia di Salma Bencharcki, la donna marocchina condannata per terrorismo internazionale assieme al marito 'il pugile dell'Isis' Abderrahim Moutaharrik,"potrebbe provocare la disgregazione del nucleo familiare con grave danno per la prole". È quanto hanno scritto i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano nella sentenza con cui, lo scorso novembre, hanno ribadito la condanna a 6 anni inflitta in primo grado al campione di boxe e ridotto da 5 a 3 anni e 4 mesi la pena alla moglie.
Riconosciute alla donna le attenuanti generiche che hanno comportato la revoca della sospensione della responsabilità genitoriale stabilita in primo grado nei confronti della donna, che si trova ora ai domiciliari.
I giudici hanno considerato "il ruolo subalterno della donna all'epoca dei fatti 25enne rispetto a quello assunto da Moutaharrik, tipico della cultura islamica che si desume dall'avere accettato di condividere e supportare anche il progetto di trasferirsi coi figli in Siria, nonostante questo implicasse che il marito si sarebbe sentito libero di raggiungere il martirio per porre in essere quell'attività terroristica per cui aveva ottenuto l'autorizzazione dall'Is".
"Non va trascurato - ha argomentato ancora la Corte - che i due figli della coppia vivono in Italia dove sono cresciuti finora e
dove tuttora si trovano ospitati dai nonni e che il padre dei bimbi, pur condannato a una pena più severa, essendo ormai divenuto cittadino italiano, non è suscettibile di espulsione dallo Stato".
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