Un'ernia cervicale non asportata, a causa di una diagnosi arrivata troppo tardi. La corsa in ospedale per un'improvvisa paralisi e la perdita dell'uso di braccia e gambe. E poi le sentenze, i ricorsi e il risarcimento. Ma per la Cassazione, la somma stabilita non è sufficiente.
L'uomo, un ingegnere del Bellunese, nel 2001, venne ricoverato d'urgenza in ospedale a causa un'emiparesi, che si verifica quando una parte del corpo non risponde agli stimoli nervosi, che gli impediva di camminare. Ma la situazione non migliorò e così, dopo diverse ore, i medici decisero di trasferirlo a Verona. Lì, i dottori diagnosticarono all'uomo una paraplegia agli arti superiori, ma solamente il giorno seguente si procedette all'intervento per l'asportazione dell'ernia cervicale. Il ritardo nella diagnosi fece perdere all'uomo l'uso di braccia e gambe, che gli causò un danno biologico del 90%, con un'invalidità civile del 100%, come riportato da Tgcom24.
Successivamente, il tribunale aveva riconosciuto al paziente un risarcimento, pari a 500mila euro, cifra ritenuta troppo bassa dalla Corte d'appello, che infatti aveva deciso di portarla fino a un milione di euro. Ma per la Corte di Cassazione anche un milione è troppo poco. Secondo gli ermellini, infatti, per stabilire l'ammontare del danno, non bisogna seguire le tabelle del distretto giudiziario di Venezia, ma quelle più aggiornate, usate a Milano.
Così la Corte ha stabilito di aumentare l'indennizzo, tenendo in considerazione"i danni morali, intesi come patemi d'animo conseguenti alla lesione gravissima del bene della salute e della dignità personale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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