Da Torino
Percorrendo la passerella che dal Lingotto porta verso lo stadio Filadelfia le montagne che abbracciano Torino si stagliano nitide contro il cielo azzurro.
Questa zona alla periferia meridionale del capoluogo piemontese ha sempre avuto un rapporto speciale con lo sport: prima ospitava lo storico impianto calcistico che vide le glorie del Grande Torino, quindi venne scelto per albergare il villaggio olimpico dei Giochi invernali di Torino 2006.
Qui sorgevano le palazzine degli atleti, che nei progetti dell'amministrazione avrebbero dovuto diventare un quartiere popolare modello. Da due anni, però, il quartiere costruito per gli sportivi è ostaggio degli abusivi, tra cui almeno mille immigrati, che sfruttano - e al tempo stesso alimentano - la situazione di totale abbandono in cui versano le strade comprese tra via Giordano Bruno, via Zini e via Pio VII.
Gli edifici, costruiti appena nove anni fa, già stanno perdendo pittura e intonaco, arrivando in qualche caso a mostrare addirittura i mattoni. I citofoni, inservibili sono sfasciati; d'estate l'erba raggiunge il metro e mezzo; i balconi sono avvolti da teli di plastica. Il signor Panucci, pensionato trasferitosi qui nel 2011, si lamenta: "Le case sono state costruite al risparmio e dopo pochi anni già mostrano i propri difetti: le piastrelle si staccano, dal terrazzo ci sono infiltrazioni d'acqua e il mio appartamento è pieno di scarafaggi."
Ma non è tutto: ai problemi strutturali di edifici costruiti in fretta e furia si unisce la latitanza delle amministrazioni locali, che nulla fanno contro il problema maggiore che affligge questo quartiere. Un problema che ha un nome ben preciso: abusivismo.
Se verso l'estremità meridionale del villaggio alcuni appartamenti sono occupati da inquilini italiani che si "limitano" a non pagare l'affitto, le palazzine più vicine alla passarella che porta al Lingotto sono diventate un vero e proprio feudo di immigrati, regolari e non, che convivono con un grande numero di criminali comuni.
Convinco Johnson, trentenne liberiano, a farci visitare qualcuno di questi appartamenti. Attraverso una porta sfondata che si affaccia direttamente sulla strada, entriamo in una baracca ricavata nell'atrio della prima palazzina. Con lamiere e tavole di compensato gli stranieri hanno ricavato tante piccole casupole già negli spazi che in origine erano destinati agli esercizi commerciali.
In uno spazio di dieci metri quadri vivono fino a quattro persone, tra sacchetti di plastica che pendono dal soffitto e cavi elettrici scoperti che spuntano da ogni parte. All'interno quattro letti, un televisore sempre acceso, un frigorifero e un piccolo forno a microonde. I vetri sono rotti, i muri pieni di muffa.
E il bagno? Johnson mi conduce fino a un bugigattolo con un water e un lavandino dove cadono continuamente pezzi di intonaco che si staccano dal soffitto. "Qui si lavano e fanno i propri bisogni centinaia di persone - mi spiega - Siccome è il bagno più vicino alla strada, entra chiunque e ne approfitta."
Oltre al rischio, altissimo, di incidenti ed epidemie, l'ex villaggio olimpico presenta un'ultima piaga: quella della criminalità. Spaccio e prostituzione sono all'ordine del giorno, mentre la totale assenza di controlli di polizia fa di questo luogo un porto franco per chiunque voglia nascondersi.
Giorno e notte un furgone dei carabinieri presidia l'accesso principale al villaggio. Per sgomberare mille abusivi, però, c'è bisogno di un ordine dall'alto. Che, da anni, non arriva.
L'amministrazione guidata da Piero Fassino si vanta dei risultati raggiunti dal cosiddetto "asilo diffuso" (la
pratica di ospitare i migranti nelle case private, in cui Torino è capofila in Italia). Peccato che il sindaco Pd continui ad ignorare l'esistenza di un vero e proprio ghetto a pochi chilometri dal proprio ufficio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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