Torino, la città del boom, in mano agli immigrati

La città è piena di africani, bengalesi, pakistani. Nei mercati si vende di tutto. E nei quartieri popolari, se si scarta il centro città, vale la legge della giungla

Torino, la città del boom, in mano agli immigrati

Torino, il cuore del boom economico di un’Italia che fu, negli anni Venti del XXI secolo è preda di immigrati e illegalità. Nel centro città resistono le buone maniere. Ma, appena giri l’angolo, trovi case e palazzi che grondano malavita. Torino è cambiata. Ha perso la fama d’ingegnoso polo industriale. Degrado e abusivismo la fanno da padroni. Qui si ergeva la più grande occupazione abusiva d’Europa con 1400 rifugiati provenienti da 28 Paesi del continente africano.

Torino ha 880mila abitanti, il 15% stranieri: più di Milano (14%), Roma e Venezia (13%) e pure di Napoli (6%). Te ne accorgi subito. Basta fare un giro in strada. Marocchini, indiani, bengalesi, pakistani, siriani, rumeni, senegalesi, egiziani. Vendono merce di ogni genere, ma senza scontrini. Si compra in nero. Poi ci sono i quartieri popolari. La legge, da queste parti, quasi non esiste. La legge della giungla è l’unica che sembra essere rispettata. Serrande abbassate, palazzine immense, appartamenti incasinati e parabole gigantesche sui balconi. Fuori dalle palazzine ci sono ovunque cartelli immobiliari con annunci di vendita. I prezzi continuano a calare: 42mila euro per un appartamento con 2 camere, un bagno. In origine valeva il doppio. Ora ci si accontenta di briciole pur di sbarazzarsene.

Ci sono migranti accampati dai trafficanti dell’immigrazione clandestina. C’è odio diffuso verso le forze dell’ordine prese di mira con slogan come questi: “La polizia uccide, vendichiamoci”, “Sbirri merde”, “Salva una casa occupata: brucia la questura”, “La polizia deporta e imprigiona. Libertà per tutti”. Sono sotto gli occhi di tutti, nell’indifferenza generale.

La responsabilità è per molti della sindaca pentastellata, Chiara Appendino. Un sindaco dovrebbe combattere ogni provocazione violenta contro chi difende lo Stato. Dovrebbe far rispettare la legge. Il Balon, lo storico mercato delle pulci del sabato, è un suq. Sul banchetto degli anarchici torinesi c’è uno striscione: “Sicurezza è un mondo senza razzismo e polizia”, racconta Paola Pellai su Libero.

Ma il sindaco pentastellato non è preoccupato da tanto odio. A pochi metri c’è, infatti, il gazebo 5 stelle che sceglie di non guardare. Intanto, c’è chi pensa di tornare da dove è partito, ovvero al Sud. Le serrande ormai abbassate da un paio di anni raccontano una storia triste. Per oltre trent’anni quello è stato il regno orgoglioso della signora Maria che, nel boom economico, a Torino ci era arrivata da terrona. Vendeva latte e formaggi, ma quella zona da tempo non la lasciava più tranquilla. Troppi extracomunitari, lo spaccio a pochi passi, la paura. Lo aveva preannunciato, lo ha fatto. Ha chiuso e si è dileguata. È solo uno dei tanti casi.

Dei tanti casi di persone per bene costrette a lasciare la loro vita. E ricominciare altrove. Ai nordafricani non importa. Un’abitazione ce l’hanno perché da queste parti si fa in fretta: “Le case sono di chi le abita”, ti sfida un murales. E non si sgombera nulla senza l’offerta di una dignitosa alternativa.

Se vai alla ricerca di palazzoni, potresti imbatterti in un quartiere in cui negli anni Trenta furono costruite case popolari Atc (agenzia territoriale per la casa). Sono 18 edifici per un totale di 614 alloggi. Attirano criminalità. Furti e scippi, qui, sono all’ordine del giorno.

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