Torino, un "saggio" Bahà’ì stupra una 13enne: la comunità cerca di insabbiare

La procura di Torino ha ricostruito una serie di abusi su una bambina avvenuti e nascosti all'interno della comunità religiosa Bahà’ì da parte di un loro anziano "saggio"

Torino, un "saggio" Bahà’ì stupra una 13enne: la comunità cerca di insabbiare

La comunità "Bahà’ì", diffusa capillarmente in Italia, ha cercato di far tacere una tredicenne torinese ripetutamente violentata da un loro "saggio" e di insabbiare la vicenda.

Qualcuno, però, ha denunciato: il 18 aprile si terrà l'udienza preliminare per violenza sessuale e favoreggiamento. Intanto, all'interno della comunità è caccia al "traditore". Infatti, i membri sapevano degli abusi ma "preservare il carattere dell’unità del sistema Bahà’ì" era la priorità assoluta.

Per questo, riporta il Corriere della Sera, la tredicenne e i suoi genitori erano stati istruiti di tacere ed era stata offerta loro una somma di denaro. Poi la comunità ha celebrato un proprio processo interno, alla fine del quale il violentatore è stato allontanato.

Le violenze

Gli abusi, sono iniziati quando uno degli anziani "saggi" Bahà’ì ha convinto i genitori della 13enne, che a scuola ha pessimi voti, a portarla nei locali della comunità a Torino la domenica mattina per delle presunte "ripetizioni".

Invece, in quella stanza l'adolecente viene ripetutamente stuprata. Scrive il gup Mariafrancesca Abenavoli, "si tratta di abusi sessuali gravi e violenti, attuati con violenza e minaccia, aggravati dall’abuso della sua figura che rappresenta l’autorità" e ordina per l'uomo il carcere dal maggio 2016.

Finisce ai domiciliari anche il custode dei locali con l'accusa di favoreggiamento. A lui e a sua moglie la bambina aveva confidato quello che le succedeva e loro avrebbero cercato di convincerla a non denunciare.

La comunità

Così, la comunità viene a sapere delle violenze, ma nessuno denuncia. L'anziano promette al custode una nuova macchina in cambio del silenzio. "I fatti venivano gestiti all’interno della comunità senza che nessuno presentasse denuncia per l’accaduto - scrive il gip nell’ordinanza - all’interno della comunità si intessevano delle trattative volte ad una riappacificazione tra le due famiglie anche tramite un ristoro in denaro, al quale le vittime si mostravano molto interessate".

La bambina stuprata, infatti, viene da una famiglia molto povera. La madre della vittima, sentita in procura, ha ammesso: "Ci hanno fatto capire che se avessimo denunciato sarebbe stata coinvolta l’intera comunità a causa di una sola persona".

La 13enne viene mandata da una "psicologa Bahà’ì", pagata dalla comunità per i colloqui con la bambina e forse anche per il silenzio. La dottoressa ha ascoltato la descrizione degli abusi della tredicenne, ma non ha sporto denuncia.

La denuncia

Quando la vittima si è trasferita in un’altra provincia, la comunità Bahà’ì le ha pagato un’altra psicoterapeuta, sempre appartenente al loro circolo. Ma questa volta la dottoressa segnala in procura gli abusi sessuali, facendo partire l'inchiesta. La dottoressa che l’ha preceduta verrà indagata per omissione di denuncia.

Intanto la dottoressa che ha fatto la denuncia non è più considerata persona fidata: "ha rotto l’unità e messo a repentaglio il corretto ordine della Causa". Così l'hanno ostracizzata.

Nel frattempo dalle intercettazioni telefoniche sono emersi altri particolari inquietanti: i tentativi di insabbiare; la direttiva di "negare tutto" dopo la denuncia; la presenza, nello stanzone in cui la 13enne ha subito le violenze, di un cartellone sul cui retro sarebbero stati scritti i nomi degli altri bimbi che venivano seguiti dall'anziano "saggio"; i timori che adesso la ragazzina racconti tutta la verità e l'assicurazione di un membro del gruppo: "Ho parlato con un’amica pedagogista sposata con un ispettore della procura di Milano... se vogliamo far capire che non è così grave...".

Lo stupratore

L'anziano "saggio" che abusò della bambina, difeso dall’avvocato Daniela Rossi, sarebbe intenzionato a patteggiare e risarcire evitando il processo.

Dopo che

vicenda è emersa ha scritto ai vertici della comunità: "Sono addolorato per il disturbo e il dolore arrecato alle nostre istituzioni".

Per la piccola che ha brutalmente violentato, invece, nemmeno una parola.

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