Tessuti anneriti, denti gialli, tumori ai polmoni e alla gola, macchie cutanee. Queste sono solo alcune delle immagini shock che i fumatori potrebbero trovare a breve sui loro pacchetti di sigarette. Nel silenzio della quasi totalità dei media, infatti, a breve in Europa potrebbe passare il provvedimento per l’aumento delle misure di “dissuasione” dal fumo che obbligherà i produttori di tabacco ad applicare immagini di dubbio gusto sul 75% della superficie dei pacchetti. L’obiettivo di questa politica comunitaria è chiaro: andare a ridurre l’impatto negativo che i danni provocati dal fumo portano alle casse della Sanità pubblica.
Si calcola, infatti, che una riduzione del 2% del consumo ridurrebbe le spese degli stati membri nel loro insieme di 506 milioni di euro. Eppure se da un lato ci sono esperti che numeri alla mano sostengono la bontà dell’operazione, dall’altro c’è chi sostiene che non esista nessun nesso causale tra le immagini shock e la diminuzione dei fumatori. Quel che è certo è che il provvedimento, qualora venga adottato andrà in qualche modo ad incidere sulla vita di quasi un terzo della popolazione totale europea dato che nel 2012 il 28% dei cittadini europei si è dichiarato fumatore o consumatore di tabacco. Ma al di là dell’efficacia o meno di questo strumento, sono in molti che si dicono contrari a questa soluzione anche per una questione di principio. Soprattutto tra le fila dei liberali duri e puri.
E’ già da tempo, infatti, che sulle sigarette si combatte una battaglia ideale tra chi concepisce lo Stato e le istituzioni sovranazionali come dei “buoni padri di famiglia” e come tali con un compito moralizzatore da assolvere e chi invece si schiera sempre e comunque dalla parte della libertà, anche quando questa declina nella possibilità di farsi del male. L’ultimo episodio di questo scontro si è giocato sulle sigarette elettroniche. Perché, si chiede qualcuno, se da un lato dicono di voler preservare la salute dei cittadini, dall’altro lo stato italiano dichiara guerra alla sigaretta elettronica che poteva essere un utile strumento per chi volesse provare a smettere? Ovviamente la loro è una domanda retorica. Perché, dicono, lo Stato suggerisce al cittadino di non fumare, ma se questo vuole a tutti i costi farsi del male, beh deve fumare per forza quello che dice lui. E possibilmente senza ammalarsi.
Inoltre c’è un altro fattore che preoccupa fortemente i liberali. E cioè che questa campagna di moralizzazione sia il preludio ad un ennesimo aumento delle tasse sul tabacco. Magari proprio per trovare le coperture dell’abolizione dell’Imu. La demonizzazione del vizio del fumo, visto in qualche modo anche come un lusso e pertanto un qualcosa di cui si potrebbe fare a meno, sarebbe concettualmente funzionale ad un aumento delle accise in questo settore.
Proprio per evitare tutto questo alcune associazioni stanno divulgando i nomi e gli indirizzi mail dei politici italiani che prenderanno parte alla votazione che si terrà a Bruxelles per esercitare pressioni in tal senso. Ma la vera domanda è: gli italiani in questa battaglia da che parte stanno?
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