La novità sostanziale è una: il decreto con cui fratel Enzo Bianchi è stato "cacciato" dalla comunità che ha fondato è divenuto pubblico grazie al blog Silere non possum. E siccome Bianchi è, senza dubbio, una figura di spicco del cattolicesimo contemporaneo, in specie per e tra gli ambienti considerati progressisti, il testo ha fatto notizia e clamore. Il cortocircuito narrativo alla base di questa storia riguarda l'impostazione stessa di Bose: modalità organizzative e pastorale non sembrano troppo distanti dal Bergoglio pensiero. Questo, almeno, è il sentore di coloro che appartengono al cosiddetto "fronte tradizionale". Eppure, fratel Enzo Bianchi, il laico che papa Francesco avrebbe dovuto creare cardinale (questo era vero secondo alcune ricostruzioni poi smentite dai fatti) non è più il priore di Bose.
Eravamo rimasti con Enzo Bianchi che replicava in qualche modo alla Santa Sede. Dubbi, se c'erano, erano legati al o ai perché del provvedimento della Santa Sede. Nel corso di queste settimane, i retroscena, alcuni dei quali da prendere con le pinze, si sono sprecati. Dalla ipotesi "scissione" - quella secondo cui alcuni membri di Bose avessero intenzione di abbandonare l'attuale corso del priore che è succeduto a Bianchi, e cioè Luciano Manicardi, per seguire Bianchi in una nuova avventura comunitaria - , al presunto isolamento che fratel Bianchi starebbe vivendo all'interno della realtà che ha fondato. La storia dell'allontanamento è forse divenuta mainstream, come si usa dire, per via del rumor che voleva Bianchi in Conclave. Non è successo. Si è trattato di un'altra circostanza in cui papa Francesco avrebbe dovuto, stando alla vulgata, irrompere su "un'altra" regola dottrinale e tradizionale, ma così non è stato. Ad oggi, nessun laico siede in assemblea cardinalizia.
Forse la vicenda ha suscitato clamore, insomma, perché il "modello Bianchi" avrebbe dovuto rappresentare, per disamine ed opinioni varie, una tipologia di "ricetta" per traghettare il cattolicesimo oltre la modernità, sulla base delle indicazioni e della impostazione di questo Papa. Vero o no, è noto che il Vaticano ha preso provvedimenti. Il che contribuisce a smentire certe semplificazioni. Francesco ha dimostrato in più di una circostanza di non seguire, e anzi di ripudiare, logiche correntizie che appartengono per lo più alla cronaca politica e non alla Chiesa cattolica.
Quante volte, in questi otto anni, l'ex arcivescovo di Buenos Aires ha ammonito su divisioni e schieramenti curiali o ecclesiastici? Dicevamo del decreto e delle cause. Come si legge su Domani Editoriale, nel testo si legge che fratel Bianchi "ha mostrato di non aver rinunciato effettivamente al governo". E ancora: "Si è posto - si legge nel decreto - al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da esse richieste, esercitando la propria autorità morale in mondo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità, provocando lo scandalo. Un precedente tentativo mirante a ristabilire pace e concordia attraverso indicazioni spirituali ed esortazioni morali - viene annotato - non ha dato purtroppo i risultati sperati, anzi la situazione si è progressivamente aggravata". Dal Vaticano sono stati chiari.
Di riflessioni se ne potrebbero fare tante. Che il Papa non faccia sconti è ormai chiaro a chi si occupa di cronache delle mura leonine. Non c'è logica ideologica che tenga nelle scelte di Bergoglio, che spesso ha stupito, come quando per la Segreteria per l'Economia ha scelto un consacrato che non dovrebbe neppure essere nominato vescovo prima della fine del suo incarico. O come quando, per l'arcivescovato di Parigi, ha preferito nominare un conservatore doc, come monsignor Michel Aupetit.
Il caso della comunità di Bose è diverso ma attiene in ogni caso alla qualità, diremmo alla tipologia, di "potere" esercitato dal primo Papa gesuita della storia e dal "suo" Vaticano. Mentre scriviamo, sembrerebbe che fratel Bianchi non abbia ancora abbandonato Bose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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