"Quelle di Eleonora, morta pochi giorni fa di leucemia a 18 anni e di Alessandra, mancata a 34 anni per tumore del seno, sono storie che seguono la stessa tragica dinamica che induce una persona in un momento di fragilità estrema (Eleonora quando si è ammalata era anche minorenne, e il suo dramma si è automaticamente riversato sui genitori) a seguire qualsiasi imbonitore che sappia dare una speranza in più". È questo il commento di Umberto Veronesi, sulle pagine di Repubblica, in riferimento alle due donne che, nei giorni scorsi, sono morte per non essersi sottoposte alla cura indicata dai rispettivi medici: la chemioterapia.
"Bisogna liberare la chemioterapia dallo stigma di cura devastante, che fa paura più del cancro stesso - osserva l'oncologo -. Bisogna anche affrancarla dalla sua associazione alla terapia per moribondi, che si somministra quando non c’è più niente da fare. Va detto che in passato è stata utilizzata in modo improprio e per molti anni è stata effettivamente prescritta a dosi altissime, senza alcuna considerazione per gli effetti che avrebbero avuto sul malato. Allora vigeva in oncologia il principio del massimo trattamento tollerabile: si applicava in chirurgia, in radioterapia e in chemioterapia la dose (o l’amputazione) maggiore che il paziente potesse tollerare. Inoltre la chemio veniva effettivamente effettuata anche per pazienti in stadio avanzato, che avevano pochissime o nessuna chance di beneficiarne". "Ma negli ultimi decenni - prosegue Veronesi - è avvenuta una rivoluzione di pensiero per cui nella cura dei tumori si applica il principio del minimo trattamento efficace: si ricerca la dose più bassa o l’intervento più limitato in grado di assicurare l’efficacia oncologica. Così è sparita la chirurgia mutilante, la radioterapia ustionante e anche la chemioterapia che devasta inutilmente l’organismo. Certo, i farmaci chemioterapici rimangono una terapia pesante e impegnativa per la persona ed è inutile negarlo. Ma gli sforzi enormi per ridurne gli effetti collaterali stanno sortendo risultati significativi".
Aggiunge inoltre Veronesi che molta strada c'è ancora da fare, soprattutto nel rapporto tra medico e paziente. Secondo l'oncologo, il grande successo dei "vari guaritori" è dato dal tanto tempo che dedicano al dialogo: "Il miglior antidoto contro i ciarlatani è un rapporto di fiducia fra medico e paziente. Non auspico con questo un ritorno alla medicina paternalistica, in cui il medico- padre, arroccato nel suo sapere, prendeva arbitrariamente le decisioni per il malato.
Al contrario ribadisco che queste dolorose vicende che ci amareggiano e ci sconvolgono, non devono far vacillare il principio costituzionale che regge la medicina moderna: la libertà di cura. Che significa anche libertà di rifiutare la cura".
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