Vetri blindati e corsi di autodifesa per gli autisti dell'Atac

Dopo le aggressioni dei giorni scorsi la prefettura di Roma corre ai ripari promettendo agli autisti degli autobus maggiore sicurezza sul posto di lavoro

Vetri blindati e corsi di autodifesa per gli autisti dell'Atac

La tensione è palapabile nel quartiere romano di Corcolle dopo le aggressioni a due mezzi dell'Atac negli scorsi giorni. Le autiste degli autobus raccontano di essere state minacciate di morte mentre i finestrini delle vetture venivano sfasciati con pietre e bastoni da un gruppo inferocito di immigrati, ospitati in uno dei molti centri di accoglienza aperti negli ultimi tempi nella zona.

Le volanti della polizia ora presidiano la zona e il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro assicura un maggior controllo dei mezzi dell'azienda di trasporto e collateralmente una maggiore collaborazione con le amministrazioni interessate dai Cara presenti sul loro territorio. Ma agli autisti dell'Atac queste vaghe rassicurazioni non bastano più. Esigono maggiore sicurezza: corsi di autodifesa tenuti da agenti delle forze dell'ordine, ma soprattutto posti di guida blindati con vetri in plexiglass, miglioria presente su pochissimi mezzi.

Per fare sentire le loro ragioni i sindacati di categoria annunciano che il 2 ottobre alle ore 12 in piazza del Campidoglio scenderanno in manifestazione gli autisti della capitale ma anche i tassisti, i comitati di quartiere e i negozianti. La manifestazione ha ricevuto l'ok della Procura a differenza delle manifestazioni "anti-neri" che da qualche giorno si svolgono a Corcolle, spesso sfociando nel pestaggio indiscriminato di alcuni immigrati.

Immigrati che dal canto loro non ci stanno a passare per violenti che aggrediscono in maniera casuale gli autobus.

Come hanno raccontato a Repubblica è una pratica molto comune per gli autisti Atac saltare le fermate dove vedono molti extra comunitari in attesa, portando alcuni di loro all'esasperata reazione dei giorni scorsi. Gli autisti ammettono questa pratica, ma assicurano che non ha nulla a che vedere con il razzismo, ma è causata dall'assenza cronica di mezzi e personale che vive l'azienda capitolina.

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