Compie violenza sessuale anche chi fa il video: cosa ha detto la Cassazione

Commette il reato di violenza sessuale anche chi riprende con il telefonino la scena dell'abuso: è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nei confronti di una 23enne, ecco cosa è successo

Compie violenza sessuale anche chi fa il video: cosa ha detto la Cassazione

Una ragazza di 23 anni è stata accusata di violenza sessuale assieme al branco, composto da una decina di ragazzi tra cui due minorenni che hanno abusato di un giovane disabile, anche se intenta a fare un video con il cellulare. La 23enne non ha partecipato direttamente all'abuso ma per la Cassazione è equiparabile a tutti gli altri.

"Troppo forte raga"

Lo scempio si sente nell'audio del filmato poi diffuso sul web: "Troppo forte raga, quell'altro gli sta pure facendo il video", ha affermato la ragazzo mentre riprende le scene. Secondo quanto ha appena depositato la Corte di Cassazione con il verdetto 32503 della "Terza sezione penale" del Palazzaccio, la giovane donna ha la colpa di non esserci "dissociata dalla condotta realizzata" dagli altri, "condotta che era ancora in corso posto che in quel momento si stava registrando il video, ma ha rafforzato nei confronti di costui, l'intento di usare violenza alla persona offesa peraltro portatore di deficit cognitivo", si legge in uno stralcio della sentenza pubblicata da Repubblica.

Difesa e risposta della Cassazione

L'avvocato della 23enne, Antonio Larussa, ha inoltrato ricorso alla Suprema Corte perché il comportamento della giovane non sarebbe stato di "istigazione" ma è stato valutato come una "mera adesione morale a un progetto criminoso altrui, come tale penalmente irrilevante". In parole povere, per l'avvocato sarebbe irrilevante la partecipazione, con incitazione, al progetto criminale compiuto da altri e per questo motivo il fatto non sussisterebbe. La Cassazione, di contro, ha specificato chiaramente che l'indagata dovrà rispondere "non di concorso in violenza sessuale di gruppo, ma di violenza sessuale di gruppo".

La violenza, quindi, l'ha commessa lo stesso pur tenendo in mano il cellulare e filmando la scena perché il reato non comporta "la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere una attività tipica di violenza sessuale"; basta soltanto che uno del branco realizzi o minacci l'abuso come è avvenuto in questo caso. Questo verdetto spiega che la realizzazione di quello che viene definito "un contributo morale", anche se non compie l'atto vero e proprio, se ci si trova sul luogo e sul momento del fatto viene ritenuta "una condotta di partecipazione punita direttamente ai sensi dell'art.609 octies del codice penale".

La denuncia è stata possibile grazie ai familiari della vittima che hanno scoperto il video ormai diffuso in rete.

La Suprema Corte ha poi sottolineato che la 23enne, pronunciando la frase che abbiamo scritto in apertura al pezzo, "non solo non si è dissociata dalla condotta realizzata" dal branco che si stava realizzando nel momento in cui stava girando il filmato ma ha rafforzato nei confronti della povera vittima "l'intento di usare violenza alla persona offesa peraltro portatore di deficit cognitivo".

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