Il ritorno di Caceres lascia l'Orma

Lo chef colombiano apre un nuovo ristorante a Roma, a due passi da via Veneto. Un cubo di design in cui propone una cucina sempre più mirata all’essenzialità del sapore. A pranzo una proposta da bistrot, poi c’è un cocktail bar che nella bella stagione si distende in una magnifica terrazza

Il ritorno di Caceres lascia l'Orma
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Una vita da romanzo di Gabriel Garcia Màrquez quella di Roy Caceres. Un’infanzia non facilissima a Bogotà, capitale della Colombia, sangue molto misto, un nonno siriano che fa pure il cuoco e gli insegna l’amore per le spezie e per le contaminazioni in cucina, la passione per il basket giocato per strada. Fino a qui l’Italia non è che c’entri molto. Poi la madre si trasferisce a Roma e lui la segue, con il sogno di farsi “arruolare” da una squadra capitolina. Non andrà così. Roy deve guadagnarsi da vivere, va bene il realismo magico ma esiste anche il realismo e basta, si mette a fare il lavapiatti in un ristorante. Poi gli capita di dover cucinare e capisce che è affar suo, entra nelle cucine di alcuni locali sempre più blasonati, finché non viene adocchiato da Alessandro Pipero, sommelier e grande uomo di sala, che gli affida la cucina del suo ristorante ai Castelli Romani. Dopo avere imparato molto di quello che c’era da imparare su come si conduce un locale, Roy apre un suo ristorante ai Parioli, Metamofrfosi, che conquista una stella Michelin e per anni è uno dei posti “must to be” a Roma. Poi qualche anno di stop, riparte da un locale sudamericano informale, Carnal, e infine torna sul red carpet aprendo Orma.

Orma, che oltra a essere l’anagramma di Roma indica anche il segno che Caceres vuole lasciare con la sua cucina, è un locale di notevole impatto in via Boncompagni, nella zona di via Veneto che dà finalmente segnali di risveglio dopo decenni di sopore. Un locale multiforme, un “cubo” ad alto tasso di design che la sera si dedica al fine dining e di giorno se la gioca come elegante bistrot e che ha anche un cocktail bar che nella bella stagione si trasferisce nella magnifica terrazza. Un locale nato un anno fa già grande, per l’attesa del ritorno sulle scene dello chef colombiano e per il grande investimento della famiglia Fiengo, imprenditori napoletani innamorati dell’alta cucina (il figlio Pier Mario è in cucina con Roy come sous chef a fianco di Giovanni Oliveri).

La cucina di Caceres mi è apparsa interessante come sempre, allegra, positiva, energetica, arricchita – non sembri un paradosso – dall’essenzialità sempre più spinta, più in levare che in battere, che favorisce il processo di concentrazione dei pensieri e dei sapori. Il tratto internazionale è inevitabilmente presente, la mano di Roy reca traccia delle sue origini e di quelle della sua famiglia, e si salda con una profonda conoscenza delle materie prime e delle tecniche italiane, che a Orma è impreziosita dalla possibilità di attingere ai prodotti dell’azienda agricola di Anguillara Sabazia (e presto di un’altra nei pressi di Pomezia). Due i menu: Tracce indelebili è una raccolta dei classici di Caceres, come la Trippa di calamaro, Fungo, arachidi e miso, Raviolo di maiale, sansho e cipolla, Piccione, carruba e tartufo. Il prezzo è di 140 euro. Tracce correnti è invece il menu più avanguardista e complesso e costa 180 euro: Ostrica opercolata, Chawanmushi, cocco e crostacei, Indivia, platano e tartufo, Bottone dʼanguilla, caviale e farro, Fregula, ricci e salsa XOrma, Pescato, midollo e limone, Pecora nera, Mais, arachidi e tartufo. Si possono anche scegliere tre piatti a 120 euro. Entrambi i percorsi sono affiancati da vari prologhi ed epiloghi, servizi del pane, piccoli episodi di congiunzione e agevolazione, a creare un percorso narrativo davvero coerente.

Orma nello scorso novembre ha conquistato la sua prima stella Michelin a pochi mesi dall’apertura.

La carta dei vini è ricca e profonda, si può anche scegliere un cocktail. Il servizio è una danza lieve, un gruppo di giovani in divise grigie coordinati dal maître e restaurant manager Simone De Florio. Roy è tornato, è in gran forma, e ne siamo felici.

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