Siepi, i trent’anni di un grande toscano

Il vino a base Sangiovese e Merlot (50 e 50) prodotto al Castello di Fonterutoli dai Marchesi Mazzei è stato protagonista di una degustazione a Londra nel quale Giovanni Mazzei ha presentato dieci annate tra le più rappresentative, dalla 2007 all’ultima uscita 2022, mostrando l’evoluzione di uno dei vini che ha fatto la storia dell’enologia italiana

Siepi, i trent’anni di un grande toscano
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Metti una mattina a Londra in compagnia di un grande vino italiano. Con l’orgoglio di vedere giornalisti e degustatori sudditi di Re Carlo fare sguardi beati assaggiando dieci annate (che con il successivo pranzo diventeranno dodici) del Siepi, che così ha festeggiato i suoi trent’anni dalla prima vendemmia. Fu Lapo Mazzei a intuire le potenzialità di questi terreni in un anglo del Chianti Classico nel 1985 e a capire che Merlot e Sangiovese avrebbero potuto comunicare “con una sola voce”. La prima vendemmia è del 1992, l’ultima in commercio è quella del 2022.

A guidare la degustazione, con piglio appassionato, è stato Giovanni Mazzei, figlio maggiore di Filippo, che con il fratello Francesco guida l’azienda. I due sono figli di Lapo. Giovanni è stato coinvolto nelle attività della famiglia fin da giovane, ha avuto numerose esperienze all’estero e ora porta avanti l’eredità nel luogo in cui è partita la storia di una delle grandi famiglie del vino italiano, il Castello di Fonterutoli che i marchesi Mazzei detengono dal lontano 1435.

Il Siepi, uno dei vini iconici della Toscana, inserito qualche anno fa dal Gambero Rosso tra i 150 vini che hanno fatto la storia dell’enologia italiana, è un blend di uve Sangiovese e Merlot (50 e 50 per cento) prodotto a Castellina in Chianti, nel cuore del Chianti Classico, dove Lapo Mazzei decise di trasgredire alla tradizione locale. Il terreno è prevalentemente pietroso e roccioso, difficile come tutti i terreni destinati a dare i frutti migliori. Le uve che contribuiscono al Siepi sono coltivate in vigne che vanno dai 22 ai 35 anni che si trovano tra i 240 e i 330 metri sul livello del mare, con un’esposizione Sud Sud-Est che garantisce un’insolazione ideale, che garantisce la perfetta maturazione delle uve. La vendemmia, rigorosamente manuale, è divisa in due fasi: a inizio settembre si preleva il Merlot, a fine mese il Sangiovese, tipologia più tardiva. La vinificazione avviene in acciaio per tre mesi, seguono diciotto mesi di “formazione” in botti di legno di rovere francese da 225 litri per il 70 per cento di primo passaggio. L’idea dei Mazzei è quella di non correggere il vino inseguendo una uniformità stilistica ma lasciare parlare il terroir e la stagione, mantenendo inalterata la formula Fifty-Fifty anche nelle annate in cui una delle due uve si comporta meglio dell’altra. Lo stile Siepi è questo.

Giovanni Mazzei

Nella degustazione londinese siamo partiti dal Siepi 2007, l’unica annata di quelle presenti nato prima della nuova cantina, che è del 2008. Un vino il naso è piacevolmente balsamico e in cui la parte acida e gli zuccheri sono in perfetto equilibrio. L’annata 2010 è considerata tra le grandi del Siepi e in effetti in bocca appare destinata ancora a una notevole longevità. Il naso è scuro, chinato, la bocca sostenuta da una vibrazione elettrica che lo rende irresistibile. Notevolissima anche la 2013, frutto di un’annata difficile ma alla fine soddisfacente: il risultato è un vino vivo e rotondo. E’ però la 2015 a conquistarmi per la sua franchezza, che la pone forse su un gradino inferiore sul piano della complessità rispetto ad alcune annate precedenti ma che dona grande bevibilità. Poi la 2016, che dà il meglio di sé in termini di aromaticità e potenza ma resta comunque un’annata di passaggio rispetto alla 2018, la prima condotta con la nuova filosofia aziendale più spinta sull’eleganza e meno sull’estrazione. In realtà la bottiglia che degustiamo è “sbagliata” ma dopo berremo un campione pulito che porrà questa annata tra le migliori della batteria.

E arriviamo alle ultime annate, le più difficili da valutare perché ancora lontane dall’esprimere il loro meglio: la 2019 si giova di una maturazione perfetta e al naso esibisce una nota vegetale, come di peperone, che con gli anni potrebbe evolvere in aromi terziari molto seducenti. La 2020 è un’annata di scuola, piena e strutturata.

La 2021 ritrova un naso balsamico e note affumicate ma va ancora attesa, mentre la 2022, pur essendo la più giovane, sembra destinata a fare grandi cose in futuro. A pranzo abbiamo assaggiato anche la 2012 e la 2017 (quelle del 20° e del 25° anniversario) che hanno mostrato la vocazione gastronomica del Siepi, che accompagna il pasto con grande discrezione.

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