Negli ultimi anni le grandi case cinematografiche, le piattaforme streaming e tv, i produttori di Hollywood sono stati, insieme alle università, i principali promotori della cultura woke che spopola negli Stati Uniti. Tra politicamente corretto, cancel culture e teorie delle minoranze, non c'è serie tv o film che esca dalla California senza una spruzzatina di gender o di retorica sull'inclusività. Capofila di questa tendenza è senza dubbio la Disney e, già nei mesi scorsi, ha fatto discutere l'annuncio di un rifacimento di Biancaneve mulatta con la sostituzione dei sette nani con le creature magiche e la cancellazione del principe azzurro in nome dell'emancipazione femminile. Ora una nuova notizia che riguarda la storica azienda americana ha suscitato indignazione. Si tratta di un documento con gli «Standard di inclusione» destinato a una circolazione interna e svelato dal patron di Tesla Elon Musk. Sul suo profilo di X Musk ha pubblicato il documento scrivendo «una fonte anonima mi ha appena invito questo dalla Disney. È razzismo e sessismo obbligatorio e istituzionalizzato!». In effetti i contenuti lasciano basiti. Nei nuovi film e serie tv almeno il 50% o più dei personaggi e degli attori dovranno «provenire da gruppi sotto rappresentati», lo stesso vale per i membri dello staff e per i temi trattati nella sceneggiatura. Inoltre, per chiunque svolge ruoli decisionali, è proibito chiedere a eventuali candidati della loro «attuale o percepita razza, religione, colore, orientamento, genere, identità di genere, status militare o di veterano, età, disabilità, o ogni altra categoria legalmente protetta».
La migliore risposta a questa follia politicamente corretta l'ha data la celebre pagina twitter «Libs of TikTok»: «Elon puoi comprare la Disney e sistemare le cose». Musk ha risposto con un'emoticon dubbiosa, come a dire «ci sto pensando». Speriamo sia davvero così.
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