Si è spento a Parigi a 97 anni il leggendario regista e sceneggiatore britannico Peter Brook. Dal 1974 si era trasferito in Francia ed è stato uno dei più importanti esponenti del teatro di prosa, capace di sperimentare e di inventare nuovi stili. Per l'importanza della sua produzione, Peter Brook è considerato uno dei grandi maestri del teatro del Novecento. Nacque a Londra il 21 marzo 1925 da genitori ebrei immigrati dalla Lettonia, che allora faceva parte dell'impero russo.
La storia della famiglia
Il cognome originario di suo padre era Bryck ma venne distorto in Brouk nella sua trascrizione dall'amministrazione francese, prima di diventare Brook all'arrivo in Inghilterra. I suoi genitori furono costretti a lasciare l'impero russo all'inizio del Novecento. Studiarono a Parigi e Liegi, prima di fuggire dal Belgio per l'Inghilterra nel 1914. Nonostante non abbia mai realmente consciuto l'impero russo, Brook ha sempre avuto un legame particolare con la Russia, Paese che fu anche al centro del suo incontro con sua moglie, l'attrice Natasha Parry, anche lei di origini russe. Hanno avuto due figli: Simon e Irina. La figlia è stata chiamata Irina in omaggio alla più giovane delle eroine di Tre sorelle, il dramma teatrale composto da Anton Cechov. Irina Brook ha assorbito la passione per la recitazione dei suoi genitori ed è stata direttore del Teatro Nazionale di Nizza dal 2014 al 2019.
La carriera
La carriera di Peter Brook è iniziata quando, appena ventunenne, firma la sua prima regia teatrale. A 22 anni firma con Romeo e Giulietta il suo primo spettacolo nel tempio shakespeariano di Stratford-upon-Avon. "Lo spirito, questa materia immateriale impossibile da giustificare e da mostrare, è l'unica giustificazione per l'evento teatrale", ha sempre affermato Peter Brook. Per spiegare la grandezza della sua produzione, basterebbe ricordare il suo Marat-Sade di Weiss a metà anni '60 e poi il colossale Mahabarata, spettacolo per Avignone del 1985 poi divenuto anche film e recentemente graphic novel, uno spettacolo poetico e rigoroso di nove ore, allestito in una cava di pietra, poema indù di 70mila versi sull'origine del mondo e la sua confusione e incertezza, restituendone, in una babele di lingue e razze, la verità profonda senza perderne il senso di favola.
"La corda tesa è l'immagine che meglio rappresenta la mia idea di teatro", dichiarava, aggiungendo "non voglio insegnare nulla, non sono un maestro, non ho teorie". Per lui l'importante è sempre stata l'impressione, far scattare la fantasia, che più è libera, più è essenziale e forte il punto di partenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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