Anatomia di un assassinio Ecco i nuovi indizi su Castro

Per i 50 anni dalla morte del presidente, nuovi saggi e film sul giorno che cambiò il mondo. La tesi oggi più accreditata: Cuba aveva gli occhi puntati su Dallas

Anatomia di un assassinio Ecco i nuovi indizi su Castro

Ore 12,30 del 22 novembre 1963. Tre colpi in rapida sequenza squarciano l'aria della Dealey Plaza di Dallas, Texas. In circa 8,3 secondi, il tempo che trascorre tra la prima e l'ultima detonazione secondo la maggioranza degli esperti, il presidente John Fitzgerald Kennedy perde la vita, il governatore del Texas John Connally resta gravemente ferito, e gli Stati Uniti, nel bel mezzo della Guerra fredda, si scoprono una nazione terribilmente vulnerabile. Ecco perché nel cinquantenario dell'attentato, negli Usa e non solo, si moltiplicano i libri e i documentari sulla figura del presidente di Kennedy e sul suo assassinio. Da un lato il lutto di una nazione ha creato un mito eroico: la Casa Bianca di Kennedy è diventata la «Camelot» americana. Dall'altro il fatto che l'assassino del presidente, Lee Harvey Oswald, abbia agito da solo utilizzando un vecchio fucile Carcano (per altro arma piuttosto efficiente), comprato per posta, ha creato infinite teorie del complotto. Fra le tante, una delle analisi più dettagliate è quella di Philip Shenon, reporter del New York Times per più di vent'anni, pubblicata da Mondadori: Anatomia di un assassinio. Storia segreta dell'omicidio Kennedy (pagg. 664, euro 22,50).

Si tratta di una ricostruzione meticolosa di tutto il lavoro della «Commissione Warren» (dal nome del presidente della Corte Suprema, Earl Warren). La sua opinione su questo pool di politici e giuristi che il neo presidente Jhonson volle riunire per «far superare al Paese questa sanguinosa tragedia» è molto più benevolo di altri, basti pensare alle famose 16 Questions On the Assassination del filosofo Bertrand Russell. Shenon invece prova «ammirazione per la maggior parte dei giovani avvocati dello staff, che all'epoca si sono chiaramente battuti per scoprire la verità sull'assassinio». Non così specchiata la situazione, secondo Shenon, per quanto riguarda la Cia e l'Fbi. Entrambe le agenzie avevano più volte avuto per le mani il marxista Oswald, che aveva fatto avanti e indietro dall'Urss e che aveva apertamente criticato la politica di Kennedy verso L'Avana. Di certo ne sottostimarono il pericolo. Soprattutto non indagarono a fondo il suo viaggio a Città del Messico dove si recò all'ambasciata cubana. Ovviamente dopo la morte del Presidente fecero tutto il possibile per far passare sotto traccia i loro errori. Secondo Shenon, così i Kennedy erano interessatissimi all'eliminazione di Castro allo stesso modo il Líder Maximo lo era a quella di Kennedy. Qualche indizio in più su questo filone d'inchiesta si può trovare nel libro di un altro americano: Brian Latell, a lungo National intelligence officer per l'America latina. Lattel ha appena pubblicato un volume (non ancora tradotto in italiano) intitolato Castro's Secrets: Cuban Intelligence, the CIA, and the Assassination of John F. Kennedy. Come ci ha raccontato nella sua ultima visita italiana: «Ho intervistato l'agente cubano che aveva il compito di intercettare le comunicazioni della Cia. Il giorno dell'attentato, tre ore prima che sparassero al presidente, i suoi capi gli ordinarono di non intercettare più le comunicazioni radio da Washington ma di concentrarsi su quelle provenienti dal Texas... Castro sapeva che cosa stava accadendo a Dallas. Forse non lo aveva pianificato ma ne era informato». Ma se la Cia e Robert Kennedy avessero fatto arrivare queste informazioni alla commissione Warren avrebbero rischiato la Terza guerra mondiale.

Più attento al “prima” di Dallas invece il saggio, molto divulgativo, Killing Kennedy (negli Usa ha venduto un milione di copie, in Italia esce per Castelvecchi). Il giornalista televisivo Bill O'Reilly e lo storico Martin Dugard mettono in luce come il mito di «Camelot» vada ridimensionato. L'episodio della Baia dei Porci fu un disastro che creò una frattura tra Kennedy e la Cia. Le avventure sessuali del presidente, un continuo rischio per la sicurezza. Le amicizie in odor di mafia, un temibile strumento nelle mani dei rivali. Insomma, forse non c'è stata una congiura, ma il terreno di coltura John Fitzgerald e suo fratello Robert, nel bene e nel male, lo avevano creato. Sulla stessa traccia del libro è il film per la tv realizzato da Ridley Scott che ha il medesimo titolo e andrà in onda sul National Geographic Channel (Killing Kennedy, canale 403 di Sky, domani alle 20,55): nella ricostruzione filmica Scott ha lavorato soprattutto alla creazione di un percorso parallelo Kennedy-Oswald di grande impatto emotivo. Il risultato è coinvolgente e molte delle chicche del saggio arrivano comunque allo spettatore, in una narrazione che non pretende di fornire soluzioni.

E visto che di film si sta parlando è quasi inevitabile tornare col pensiero al film a “tesi” di Oliver Stone JFK (1991) che ha plasmato l'immaginario collettivo sul presidente. Bene.

Nessuno dei saggi in questione da grande spazio alle tesi del procuratore Jim Garrison, l'eroe del film. Solo Philip Shenon lo cita a lungo, però mettendo in luce che molti di quelli che ebbero a che fare con lui si limitarono a questo giudizio: «Fuori di testa».

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