Apocalittiche e poco integrate

Destini di donne nell’era della globalizzazione: si intitola Le donne di Panjaur il romanzo di Anita Raud Badami, voce emergente della narrativa anglo-indiana (Marsilio, pagg. 400, euro 19,50, trad. F. Zucchella). È la storia di Sharan, bellissima sedicenne che lascia con il marito il villaggio sikh di Panjaur, nel Nord dell’India, alla volta del Canada, pensando che la sua vita si è realizzata. Ma le contraddizioni culturali, il fondamentalismo e la fatica del vivere quotidiano, la dicono lunga su un mondo dove il privato e la politica, il destino degli individui e delle nazioni sono indissolubilmente legati.
Un altro romanzo che rilegge l’immigrazione in chiave noir e racconta il lato oscuro del Sogno americano è L’interprete di Suki Kim (Terre di mezzo, pagg. 336, euro 16,80, trad. Giovanni Giri). Suzi Park, 29 anni, origini coreane, lavora come interprete per il tribunale di New York. Durante un processo scopre che i suoi genitori non sono stati assassinati nel Queens in un tentativo di rapina nel loro negozio di frutta e verdura. In realtà sono stati uccisi per vendetta. Ma da chi?
E ancora donne nelle società multirazziali in Ahlème, quasi francese di Faïza Guène (Mondadori, pagg. 128, euro 14, trad. Luigi Maria Sponzilli). Un’algerina di 24 anni vive con il padre vedovo e il fratello sedicenne sempre a caccia di guai nella banlieue parigina.

Tra lavori temporanei e code alla prefettura per il rinnovo del permesso di soggiorno, Alhème cerca di mandare avanti la baracca in un mondo di assistenti sociali, spacciatori, delinquenti comuni. In attesa di un futuro migliore.

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