Bruno Leoni, "Sciopero e serrata"

In "Sciopero e serrata", Bruno Leoni esamina i pregiudizi che in Italia hanno fatto confondere l’astensione dagli impegni di lavoro per un diritto costituzionale SCARICA QUI L'EBOOK A 1,99 EURO

Bruno Leoni, "Sciopero e serrata"

Disponibile oggi a soli 1,99 euro "Sciopero e serrata" di Bruno Leoni SCARICA QUI L'EBOOK

Per il pubblico italiano, abituato a riconoscere nel rapporto tra datore di lavoro e lavoratore una tensione conflittuale insanabile composta di rivendicazioni sindacali e dialoghi tra sordi, la lettura di Sciopero e serrata, che raccoglie due contributi di Bruno Leoni sul tema apparsi negli anni Sessanta su Il Sole 24 Ore e Il Politico, potrà risultare carica di originalità e, persino, provocazione.

In Italia, è scontato – perché così riconosciuto dalla Costituzione – che lo sciopero sia un diritto e, anzi, l’unico diritto utile a ottenere migliori condizioni contrattuali, a partire da quelle salariali. Leoni affronta tanto la qualificazione dello sciopero come diritto quanto le sue cause e i suoi effetti dal punto di vista economico, palesando da un lato le contraddizioni di un ordinamento che riconosce come diritto costituzionale ciò che è un inadempimento contrattuale e dall’altro l’inutilità di questo strumento di protesta per migliorare le condizioni retributive e occupazionali.

Dall’analisi di Bruno Leoni, che spazia dalla storia economica alla filosofia del diritto fino alla microeconomia, emerge la spessa coltre di pregiudizio che in Italia ha reso possibile confondere l’astensione dagli impegni di lavoro per un diritto costituzionale, lasciando che lo sciopero venisse ampiamente esercitato, pur in assenza di una legge che ne disciplinasse le modalità di esercizio, anche per finalità ulteriori rispetto a quelle economico-contrattuali, come nel caso dei cosiddetti scioperi di solidarietà.

Dal punto di vista normativo, oltre a segnalare che la qualifica di diritto è quasi un unicum nel panorama comparato, l’Autore sostiene che, se è contrario ai principi sia democratici che liberali ritenere lo sciopero un reato, è arbitrario e incoerente con il sistema giuridico ritenerlo un diritto. La critica di Leoni si comprende ancor più se si pensa che nella seconda metà degli anni Sessanta - mentre egli scriveva i due saggi e i rapporti tra datori di lavoro e lavoratori iniziavano a collocarsi irrimediabilmente, anche da un punto di vista culturale, su posizioni contrapposte - la legge richiesta dalla Costituzione per disciplinare condizioni e limiti all’esercizio dello sciopero non era stata approvata.

E sarebbero passati altri 25 anni perché ciò avvenisse. A rigore, lo sciopero nel frattempo sarebbe stato un mero fatto extra ordinem di astensione dai propri impegni contrattuali, i cui esiti, analizzati senza ideologie sindacaliste, non avrebbero mai potuto essere quelli sperati, dacché in una situazione di “miseria ambientale” l’imprenditore si trova in una posizione solo apparentemente più forte e resta inutile costringerlo, attraverso il ricatto dello sciopero, a migliorare la remunerazione.

Se sostituissimo all’espressione “miseria ambientale” quella di “crisi economica” tornerebbe utile e attuale il pensiero di Leoni sull’uso dello sciopero come mezzo di riequilibrio contrattuale e tutela dei lavoratori.

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