Quando Ian Fleming, asserragliato nella sua villa giamaicana incominciava a battere sui tasti della macchina da scrivere che avrebbe dato alla luce il più celebre romanzo di spionaggio di tutti i tempi, già si immaginava come dovesse essere il protagonista della sua saga milionaria, che doveva avere inizio nel casino di Royale. Un agente segreto “Doppio Zero”, ex-commando duro e puro, con una profonda cicatrice sul viso, la passione per le belle donne, per le macchine veloci e con tutti i vizi che fanno dell’uomo l’uomo. Non poteva immaginare però come il futoro impietosio lo avrebbe ridotto.
James Bond, l’agente segreto del MI6 con il codice 007, doveva essere un freddo esecutore distaccato, con una sigaretta di raffinato tabacco che gli pendeva sempre dalla bocca, impegnato a sorseggiare vodka e martini shekerato, non mescolato, mentre era poggiato al tavolo dello chemin de fer in attesa di condividere il letto con una donna bellissima e sempre diversa, prima di portare a termine una missione cruciale che sembrava quasi accessorio della storia. Lo hanno voluto far diventare un bravo ragazzo, che non fuma perché nuoce gravemente alla salute; che non corteggia le donne con lascivia perché mal visto dai nostri tempi; e che guida una macchina elettrica non inquinante - sia pure una Aston Martin E da 300mila sterline - perché anche lui deve curarsi dell’ambiente. Qualcuno si chiede se forse, prossimamente, nella fondina che cela sotto lo smoking dal taglio impeccabile (un tempo, adesso non più), invece della celebre pistola Walther PPK tirerà fuori un taccuino con gli appunti di un bel discorso. Magari per persuadere civilmente, non per uccidere, il suo antagonista.
Che il padre di James Bond sia stato ignorato, di volta in volta, nella decisione di far guidare all’agente segreto britannico una inglesissima Bentlely da quattro litri e mezzo con compressore Amherst-Villiers del 1933, era già apparso chiaro nei numerosi film che avevano sempre concesso il fianco agli sponsor: Bmw molto poco entusiasmanti, e una sequela di Aston Martin che avevano comunque saputo “guadagnarsi” il plauso del pubblico. Quanto meno vere auto da corsa inglesi. Ma che adesso Q si rivolga a 007 dicendogli “per la tua missione ti affideremo una macchina elettrica per non inquinare l’ambiente” è davvero poco verosimile. Ma è questa la realtà che appartiene alla prossima pellicola, la venticinquesima dedicata alla spia più famosa del mondo.
Sarà per questo e decine di altri motivi che il regista Danny Boyle ha deciso di passare la mano? Lasciando lo spiacevole compito di redimere il vecchio Bond al debuttante Cory Juji Fukunaga che forse saprà accontentere i produttori Barbara Broccoli e Michael Wilson, entrambi desiderosi di una spia politicamente corretta.
Sotto l’ala dei figli del celebre produttore Albert Broccoli, pronti ad abbracciare il nuovo, si era anche parlato di un Bond afro-britannico o di un Bond femmineo, se Craig avesse rinunciato all’ingaggio multimilonario. E se qualcuno già si esaltava al grido di “Perché no?”; molti si limitavano solo a domandarsi: “Ma perchè?” - compresa Eva Green, l’interprete di Vesper (l’unica donna che Bond abbia mai amato).
Nonostante il nerboruto Daniel Craig non fosse mai riuscito ad eguagliare il tenebroso Pierce Brosnan né il mitico Sean Connery (“Scozia forever”), e le trame non fossero più quelle di una volta, almeno l'azione, le macchine da corsa e le belle donne non avevano mai fatto sentire la loro
mancanza, fino ad ora. Adesso invece sembra che là dove Smersh ha sempre fallito, siano pronti a colpire i tempi moderni. Ormai qui è il progresso ad avere la licenza di uccidere. E James Bond è il prossimo a dover morire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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