"Dominio e ribellione", il mondo dopo una catastrofe nucleare

In "Dominio e Ribellione" di Andrea Barricelli si confrontano due fazioni, ma anche le diverse anime che muovono un mondo in cui la guerra nucleare ha stravolto tutto

"Dominio e ribellione", il mondo dopo una catastrofe nucleare

Il genere distopico, o meglio, post-apocalittico, si è arricchito negli ultimi decenni di un elemento fondamentale e tremendamente rivoluzionario, sia nell'arte della guerra che nell'immaginario collettivo: l'arma nucleare. La fine del mondo è sempre stato uno dei grandi temi su cui si è focalizzata l'attenzione dell'umanità, interessata a un mistero che per molti rappresenta il fine ultimo dell'esistenza e per altri un pericolo da scampare. Ma ciò che ha cambiato completamente la percezione culturale e sociale di questa eventualità che incombe sull'uomo è stato il momento in cui si è reso conto di avere egli stesso in mano la possibilità di mettere fine a tutto. La fine non è più una tragica e ultime esperienza umana derivante da un fenomeno incontrollabile ed estraneo, divino o naturale, ma può essere responsabilità proprio di chi ha paura di quella fine.

Questo terrore ha provocato una narrativa molto spesso esagerata e fondamentalmente "univoca": un bene e un male, un destino segnato, un messaggio politico intriso di sentimenti ben noti a tutti. Un filone comune che ha dato vita anche a prodotti "banali" e che hanno dato sfogo più alle paure e alle derive fantastiche dell'autore che a una narrazione fluida e profonda. Non è questo il caso di "Dominio e ribellione", romanzo di Andrea Barricelli in cui la Terra, sconvolta da una guerra nucleare, diventa un enorme campo di battaglia tra due fazioni contrapposte. In questo scenario post-apocalittico, dove l'uomo è sopravvissuto a una guerra scatenata dalle menti di una delle due parti in causa, il "Dominio", la sfida non è solo per il controllo del mondo, ma anche nella ricerca di qualcosa per cui vale la pena combattere e ripartire.

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In un mondo in cui la normalità è utopia e dove l'Apocalisse c'è già stata ma senza annientare l'uomo né fornire alcuna redenzione, tutto appare perduto. Ma è nella psiche dei sopravvissuti, nella loro memoria, nella loro lotta, che si cerca di comprendere cosa possa condurre a un nuovo equilibrio. Una nuova realtà che sembra nascere soltanto da un'altra guerra tra "dominanti" e "ribelli" ma che si confronta anche con un qualcosa di più profondo che può cambiare le sorti del mondo. Senza trame banali, senza categorie nette, senza quei manicheismi che fanno chiudere un libro pensando di avere capito tutto dopo poche pagine.

La realtà di oggi - in cui il conflitto c'è e in cui l'uso dell'atomica è agitato come uno spettro per ristabilire le priorità d'azione della diplomazia - ha in qualche modo rievocato delle paure ataviche che l'uomo pensava di avere rimosso. E la guerra rappresenta un promemoria importante per ribadire che non è solo il caso a decidere le sorti dell'uomo: ma l'uomo stesso.

"Dominio e ribellione" nasce ovviamente prima del conflitto che oggi devasta le porte d'Europa. Ma come tutti i romanzi di questo genere, ci sentiamo di dire che assorbe la realtà che circonda l'autore. Il rischio c'è sempre stato. Il caos connota la nostra società da anni. E forse questo ci ricorda che, se questo conflitto ha "risvegliato" le attenzioni su un tema inquietante come il rischio di una catastrofe, tutto ciò non nasce con questa guerra e probabilmente non finirà con essa.

Nella distopia dell'autore, in un libro che risente dell'influsso di grandi maestri come Terry Brooks ma non solo, interpellando anche altri genere e autori, possiamo riflettere su come agirebbe l'uomo in un futuro terribile. E su come può agire l'uomo per non perdere quello che ha di prezioso. Senza preconcetti, sena categorie univoche: il bene e il male, nella distopia ma anche nella realtà, si annidano ovunque.

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