La fisica per curare le malattie: così crea cervelli umani virtuali

Il 10 febbraio è la Giornata Mondiale dell'Epilessia. Un progetto all'avanguardia studia il trattamento di questo e altri disturbi: ecco il Paziente Epilettico Virtuale

La fisica per curare le malattie: così crea cervelli umani virtuali

Domani 10 Febbraio sarà la Giornata Mondiale dell'Epilessia. È un appuntamento importante e noi vogliamo contribuire a modo nostro, raccontandovi come la matematica e la fisica siano utilizzate in un progetto all'avanguardia per il trattamento di questo disturbo.Si tratta del progetto EPINOV (qui il link al sito in inglese e francese) in corso di sperimentazione clinica in Francia.

L'epilessia è uno dei disturbi neurologici gravi più diffusi: colpisce circa l'1% della popolazione, ovvero 65 milioni di persone al mondo. Probabilmente a sentirne parlare, ai più verranno in mente le caratteristiche, e impressionanti, convulsioni. In realtà esse sono solo una delle diverse manifestazioni delle crisi epilettiche che caratterizzano questa malattia. Dal punto di vista più tecnico, a causare questi eventi sono segnali elettrici abnormi generati in alcune aree del cervello, la zona epilettogenica, e che si propagano in altre aree interferendo con la normale attività cognitiva e motoria.

In molti casi, per fortuna, l'assunzione di farmaci permette di eliminare, o quantomeno ridurre drasticamente, l’insorgere delle crisi epilettiche. Tuttavia, per un paziente su tre questo, purtroppo, non accade. Queste persone sono costrette a convivere non solo con la paura che una crisi possa giungere in qualunque momento e con i traumi fisici che ne possono conseguire, ma anche con un forte stigma sociale che ancora oggi si associa all’epilessia. Per alcuni di questi pazienti, una via d’uscita è offerta dalla chirurgia. La strategia consiste nell'individuare la zona epilettogenica per poi rimuoverla in modo da prevenire l'insorgere delle crisi. Il fatto che i pazienti siano disposti a correre i rischi di un intervento così invasivo come la rimozione di una parte del cervello, fa capire quanto possa essere difficile convivere con questo disturbo. Senza considerare che per la metà di chi sceglie questa strada, l'operazione non ha successo.

Perché? Il motivo principale è che identificare la zona epilettogenica è un compito estremamente difficile ed altrettanto complicato è prevedere come la rimozione di alcune aree si ripercuoterà sulla propagazione dei segnali in un sistema complesso come il cervello. È qui che la matematica e la fisica possono giocare un ruolo importante! Il compito ultimo della fisica, infatti, è costruire modelli che ci consentano di prevedere l'evoluzione del sistema che vogliamo studiare. Pensate se, una volta che i medici hanno sviluppato un'ipotesi sulla localizzazione della zona epilettogenica, potessimo testare gli effetti della sua rimozione su una copia, o avatar, del cervello del paziente. Oppure se, ancora meglio, potessimo testare non una ma centinaia di migliaia di ipotesi per trovare la strategia chirurgica migliore, cioè quella che allo stesso tempo elimina le crisi epilettiche e richiede la resezione di una porzione minore del cervello. Vi sembra fantascienza?

E invece uno strumento simile esiste già. Si chiama il Paziente Epilettico Virtuale (Virtual Epileptic Patient) ed è stato sviluppato dal gruppo di Viktor Jirsa, fisico teorico e neuroscienziato all'Università di Aix-Marsiglia. Come spiegato dallo stesso Jirsa a La Tribune, "Si tratta di una piattaforma informatica che imita il funzionamento del cervello, non il funzionamento cognitivo, ma l'organizzazione dinamica del cervello, le connessioni tra le aree e lo scambio di segnali elettrici". La componente principale di questa piattaforma è l'alto livello di personalizzazione di questo "cervello virtuale", ottenuta utilizzando i dati anatomici, morfologici, funzionali (ad esempio, l'elettroencefalogramma) e clinici disponibili per ciascun paziente. Tutte queste informazioni sono combinate per ottenere una rappresentazione tridimensionale del cervello del paziente, del suo network di aree e connessioni, e di come le sue crisi epilettiche si sviluppano.

Paziente epilettico virtuale

Ma la vera innovazione non sta appena nell’avere una visualizzazione grafica della crisi, bensì nell'avere a disposizione uno strumento col quale poter fare esperimenti e manipolazioni tramite simulazioni al computer. L’ingrediente fondamentale per poter fare questo è un modello matematico che permetta di riprodurre in maniera dinamicamente realistica come ciascuna regione del cervello possa dare origine ad una crisi epilettica e come essa possa poi propagarsi ad altre aree. Questo modello, chiamato Epileptor, esiste, ed è basato su concetti puramente matematici contenuti nella cosiddetta "teoria delle biforcazioni". Personalizzazione, network e dinamica sono al cuore del Paziente Epilettico Virtuale.

Da gennaio 2018 è in corso un vero e proprio trial clinico, guidato dal prof. Fabrice Bartolomei neurologo all'ospedale la Timone di Marsiglia, che coinvolgerà circa 400 pazienti in una decina di ospedali in tutta la Francia. Per metà di questi pazienti i medici incaricati di delineare la strategia operatoria avranno a disposizione un'informazione complementare rispetto a quelle di routine: la soluzione proposta tramite il Paziente Epilettico Virtuale. La speranza, supportata da incoraggianti risultati preliminari, è che la matematica e la fisica aiutino ad aumentare il numero di pazienti che escono da questo lungo iter ospedaliero con la prospettiva di non convivere più con le crisi epilettiche.

Ecco come funziona il Paziente Epilettico Virtuale

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