Il secondo incontro tra Dalí e Gala, moglie del poeta Paul Éluard, avviene a Parigi alla fine del 1929. In breve i due decidono di abbandonare la città e, su indicazione della stessa Gala, si rifugiano all’Hotel du Château en Carry-le-Rouet, vicino a Marsiglia. Vi restano rinchiusi per alcuni mesi; un periodo, ricorda il pittore catalano nella sua biografia Vita segreta, di meravigliosa iniziazione sessuale. D’altra parte l’innamoratissimo ma anche complice marito abbandonato non smette di inviare a Gala continue suppliche cariche di un turgido erotismo: «Ti desidero che impazzisco, muoio alla sola idea di incontrarti, di vederti, baciarti. Voglio che la tua mano, la tua bocca, il tuo sesso non si separino dal mio». E ancora: «Ci masturberemo per strada, nei cinema, con la finestra aperta».
L’irruzione di Gala nella vita di Dalí segna profondamente l’opera e l’esistenza del grande artista spagnolo divenendo la sua modella e la sua musa ispiratrice. Ma una musa ambigua, una figura assai discussa per la nefasta influenza esercitata sul giovane Dalí, oggetto di feroci critiche da parte degli amici di Salvador (a partire da Luis Buñuel che, durante un litigio, arrivò al punto di strozzarla) e che ora torna alla ribalta in seguito alla pubblicazione del suo memoriale La vita segreta. Diario inedito, (traduzione dallo spagnolo di Glauco Felici, edizioni L’ippocampo, pagg. 81, euro 15), titolo mutuato da quello del libro di Dalí.
Si tratta di un quaderno - informa la nota introduttiva di Montse Aguer - rimasto a lungo tra le carte del lascito daliniano e che solo di recente è stato recuperato. Gala non è nuova alla scrittura ed è sufficiente leggere la sua corrispondenza con Éluard - ma anche il già citato La vita segreta che Dalí le dedicò ponendo addirittura la sua immagine pittorica sulla copertina -, per dire che siamo di fronte a una donna colta, «intelligente e straordinariamente intuitiva», come osserva Aguer.
Il libro riunisce due parti distinte: la prima, più ampia, in cui Gala torna a rileggere l’infanzia e la prima adolescenza trascorse in Russia, mentre la seconda parte ricostruisce il periodo del soggiorno americano vissuto con Salvador e che va dal 1940 al 1948, precisamente l’epoca in cui l’artista preparava La vita segreta. Pagine, queste ultime, che richiamano, anche se in modo visionario, la sua vita negli Stati Uniti dove non era esclusa nessuna esperienza, neppure la compagnia di numerosi amanti. Insomma quella di Gala fu una figura complessa ed enigmatica. Per rendersene conto basta leggere Estrella de Diego, nell’epilogo al libro, dove fornisce un’interessante lettura che illumina le difficili tappe della sua vita. Gala in effetti più che moglie fu amante, madre e agente artistico di Dalí: una relazione assoluta che il diario conferma mentre - osserva ancora Aguer - non c’è alcun riferimento «a Éluard, né alla figlia in Francia, né tanto meno alla partecipazione al gruppo surrealista».
Vi è invece - come poteva non esserci? - fra spunti onirici la proclamazione del dogma dell’amore, l’imperativo della sua necessità, ragione e fondamento del suo esistere e pensare: «È l’asse della mia vitalità e del mio cervello, la molla che mi slancia in avanti con elasticità e agilità, con più chiarezza e precisione in tutti i movimenti dei miei sensi, dei miei impulsi, delle mie conoscenze».
Redatto in un francese incerto e zeppo di cancellature - come dice il suo studioso e traduttore spagnolo Ignacio Vidal-Folch -, il diario conferma la volontà di una protagonista che sul filo della memoria recupera i momenti dell’infanzia moscovita, vissuta accanto ai genitori e i fratelli, e dove tornano frammenti di eventi quotidiani - si pensi al ricordo dei giochi infantili e dei venditori di palloncini sulla Piazza Rossa - che conservano con il loro sapore fiabesco immagini traumatiche di violenza fisica.
Diversa è la seconda parte che prende le mosse da un’auscultazione, o meglio da una riflessione lirica che va alla ricerca di un essere superiore in cui si coglie la presenza della persona di Dalí.
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