Insuccessi, trame e frasi celebri: ecco i «magnifici 40» della letteratura americana

Una "Guida" alla narrativa statunitense, dal 1945 a oggi: dentro Cisneros, fuori McInerney

Biografie e bibliografie, opere e aneddoti, collaborazioni e frasi celebri, rifiuti e bestseller... Ossia: "Tutto ciò che vorreste sapere su...". Non c'è che dire: la frase, in seconda di copertina, per lanciare la "Guida alla letteratura degli Stati Uniti. Percorsi e protagonisti 1945-2014" (Odoya, pagg. 554, euro 24) è perfetta. Promette, e poi mantiene. Perché la "Guida" (curata da tre americanisti: Cinzia Scarpino, Cinzia Schiavini, Sostene M. Zingari) è uno sguardo curioso e completo sulla narrativa americana del secondo Novecento, autore per autore, in ordine alfabetico, da Isaac Asimov a Alice Walker. Di ogni autore sono raccontati la vita, gli inizi, i mille mestieri improvvisati per vivere (Thomas Pynchon dopo la laurea trovò impiego come estensore di manuali tecnici presso al Boeing, dove ebbe modo di accedere a progetti militari come quelli relativi al razzo V-2, mentre Mario Puzo dopo la scuola, nel quartiere Hell's Kitchen, lavorava come tuttofare negli uffici della ferrovia di Manhattan), gli insuccessi (sempre tragici: "Città di vetro" di Paul Auster fu pubblicato nel 1985 dopo essere stato rifiutato da 17 editori), i successi (sempre imprevisti), le opere consigliate (ad esempio di Stephen King "Shining", "Misery" e "L'ombra dello scorpione", ma non "Carrie" né "It"; di Cormac McCarthy si mette al primo posto "Suttree" anche se si ricorda il giudizio di Harold Bloom su "Meridiano di sangue", "una delle migliori opere americane di tutti i tempi"), e poi caratteristiche di scrittura, temi ricorrenti (John Barth, che ha un fratello gemello ed è nato sotto il segno dei Gemelli, ha scritto spesso romanzi gemellari), modelli formali e frasi celebri (Grace Paley, a chi le chiedeva dell'esiguità della sua opera: "L'arte è troppo lunga e la vita è troppo breve. Ci sono più cose nella vita che scrivere soltanto"; Ursula K. Le Guin: "Se volete che ciò che scrivete sia preso sul serio, non sposatevi e non fate figli e, su tutto, non morite. Ma se proprio dovete morire, suicidatevi").
Certo, come tutte le storie letterarie o le antologie, la "Guida" può lasciare perplessi per alcune scelte: perché non ci sono Bret Easton Ellis, Jay McInerney o Edmund White, per dire, ma ci sono Sandra Cisneros e Leslie Marmon Silko? Però il merito è proprio quello di avvicinare il lettore - guidarlo, appunto - ad autori molto noti negli Stati Uniti, e molto meno in Italia, dove in libreria si trova tutto di Philip K. Dick o John Cheever ma nulla di Maxine Hong Kingston (della quale si segnala "La donna guerriera", uscito da Knopf nel '76). Per il resto, i "protagonisti" selezionati della letteratura americana (lo ricordiamo, dal '45 a oggi) sono quaranta, tra i quali Barthelme, Carver, Ellroy, Capote, DeLillo, Mailer, Salinger, Vonnegut, David Foster Wallace...

E, soprattutto, c'è un'impagabile classifica delle 50 "opere da non perdere", da "Reservation Blues" (1995) di Sherman Alexie a "Il falò delle vanità" (1986) di Tom Wolfe. Chi scrive ne ha lette tre, più una lasciata a metà... E voi?

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