"JFK iniziò un percorso Ma fu Johnson a finirlo"

Lo storico della politica Usa: "Il leader democratico è entrato nella storia ma fu il suo vice a realizzare davvero le riforme"

Antonio Donno è professore ordinario di Storia delle Relazioni internazionale all'Università di Lecce, oltre che membro del comitato scientifico di Nuova storia contemporanea, Clio e altre riviste scientifiche. Essendo esperto di storia politica americana (la sua pubblicazione più recente è Una relazione speciale Stati Uniti e Israele dal 1948 al 2009) gli abbiamo chiesto cosa ha rappresentato l'omicidio di John F. Kennedy per la storia americana.

Cosa è stato per gli statunitensi il 22 novembre del 1963?

«È stato uno choc tremendo. Il Paese era in pieno cambiamento, Kennedy era molto amato e la sua azione politica, sebbene fosse solo agli inizi del mandato, aveva introdotto grosse novità rispetto al suo predecessore, Eisenhower».

Con uno choc così era inevitabile si sviluppassero delle teorie del complotto...

«Il complottismo piace sempre. Un personaggio strano e solitario come lo sparatore, Lee Harvey Oswald, poi era perfetto per alimentare sospetti di questo tipo. Certo su cosa è successo a Dallas resterà sempre una zona d'ombra».

E le conclusioni tanto contestate della Commissione di inchiesta Warren?

«La Commissione fece un lavoro enorme che sicuramente rimane un punto fermo e imprescindibile per gli storici. Altro non c'è. Il resto sono solo supposizioni. I fatti certi stanno nei documenti della Commissione»

Quale è stato il lascito di Kennedy?

«Il lascito politico è stato molto ampio, soprattutto per quanto riguarda la difesa dei diritti civili. La politica estera invece è stata molto più in linea con quella di Dwight D. Eisenhower. Kennedy, lo si scorda spesso, è stato in pieno un presidente da Guerra fredda. Ha subito un grave scacco con la Baia dei Porci, ma è poi riuscito a recuperare tutta la sua popolarità mettendo all'angolo Nikita Chrušcev per la questione dei missili a Cuba. Sua indubbiamente anche la scelta di impegnarsi in Vietnam».

Si è parlato spesso dei suoi contrasti con il vicepresidente e successore Lyndon B. Johnson. Cosa c'è di vero?

«Secondo me non molto. La politica di Johnson, presidente che meriterebbe di essere molto più studiato, è in assoluta continuità con quella di Kennedy. Se Johnson fosse stato in vero disaccordo con JKF non avrebbe portato avanti in maniera così precisa il suo programma politico».

Dell'ipotesi del complotto cubano cosa mi dice?

«La politica di Kennedy

verso l'isola era chiara. I sospetti sono leciti, ma gli storici devono lavorare sull'evidenza dei documenti. La commissione Warren di evidenze non ne ha trovate. O compaiono documenti nuovi o il resto sono supposizioni».

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