L'accumulo come paradigma dell'infelicità: Joy porta in scena l'assurdo del quotidiano

L'assurdo e il grottesco sono le tematiche centrali dello spettacolo in cartellone fino a questa sera a Campo Teatrale di Milano

Una scena dello spettacolo "Joy"
Una scena dello spettacolo "Joy"

Oggetti. Tanti, utili, inutili, di uso quotidiano e non. La scena è ricolma di oggetti. Due performer. Uno vuole accumulare più oggetti possibile, chiedendoli al pubblico, l’altro si vuole sbarazzare di tutto. I due attori, l'accumulatore (Roberto Capaldo) e il suo "oppositore" (Davide D'Antonio) si confrontano in un dialogo serrato che coinvolge costantemente il pubblico che è direttamente chiamato in causa come protagonista attivo in un contesto drammatico e paradossale.

È proprio l'assurdo e il grottesco il tema centrale di Joy, in scena fino a questa sera a Campo Teatrale di Milano (via Cambiasi 10). In una dimensione assurda e grottesca avviene, infatti, il confronto che arriverà ad una rivelazione inaspettata, tra chi vive gli oggetti come estensioni indispensabili della nostra fisicità e indispensabili per il nostro benessere e chi, invece, li ritiene oltre che inutili, dannosi rispetto ad un vivere sano. Come sopravvivere alla volontà di accumulo? Come può l’uomo continuare a vivere serenamente in un universo in cui l’accumulo di materia porterà all’implosione? Come possiamo relazionarci agli oggetti che quotidianamente congestionano le nostre vite? A queste domande il pubblico è portato a rispondere con un coinvolgimento diretto e appassionato che lo trasforma nel giudice di questo serrato confronto.

Ed è proprio attraverso gli oggetti che avviene il dialogo fisico ed emotivo con il pubblico fino alla loro distruzione. Perchè, questo ci insegna Joy, è proprio tale la natura paradossole e assurda degli oggetti: servono tanto da non servire più. Fino ad arrivare a riscoprire il senso profondo della gioia del vivere quotidiano.

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