Il 6 aprile 2009 è una ferita ancora aperta. Non solo in Abruzzo ma in tutta Italia. Più di trecento morti, 1500 feriti e circa 65mila sfollati. E una terra, l'Abruzzo, sventrata dalla forza della natura. L'Aquila oggi è una città che ai più appare morta. Eppure è viva. Un libro fotografico, "L'Aquila. Magnitudo zero", ci aiuta a non dimenticare: un viaggio nei luoghi colpiti dal sisma dove il silenzio è visibile e dove l’eco del disastro seguito al terremoto del 2009 torna muta ad ogni passo, grazie allo sguardo di quattro fotografi che rileggono la città.
L'Aquila, come un museo a cielo aperto, è un set di rovine, uno scenario vuoto e disabitato. Eppure la vita c'è, si nasconde nella memoria. Il volume è il racconto appassionato, inquietante e realistico di una città sospesa, fotografata nei lunghi mesi seguiti alla catastrofe come se fosse una persona: l’unica ancora superstite.
"Mi viene in mente - scrive uno degli autori dei testi, Vito Teti - che forse ognuno di noi dovrebbe farsi fotografare davanti al luogo, alla casa, alla strada che considera suoi e ritiene costitutivi della sua identità,
irrinunciabili".L'Aquila. Magnitudo zero (Pino De Angelis, Giampiero Duronio, Mauro Mattia, Salvatore Piermarini) con testi di Margherita Guccione,
Francesca Fabiani e Vito Teti. Quodlibet Studio. Città e paesaggio, 2012. pp. 228, 28 euro.
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