“Ricordo tutto dell'alluvione di Firenze, i minimi dettagli. Nei giorni seguenti la tragica esondazione del 4 novembre 1966 ogni mattina prendevo il treno ad Arezzo con i miei amici e venivamo a lavorare nella biblioteca centrale armati di stivali e spugne” racconta Patrizio Bertelli dopo la cerimonia di riconsegna dell'imponente Ultima cena del Vasari restaurata grazie al contributo di Prada in collaborazione con Fai (Fondo Ambiente Italiano), Fondazione Getty e Protezione Civili.
Il presidente Mattarella è appena andato via insieme con il ministro Franceschini e le altre autorità che hanno partecipato a questo importante appuntamento purtroppo rovinato da un cerimoniale troppo impettito che ha lasciato poco spazio all'emozione. L'unico momento in cui ragione e sentimento si sono incontrati generando un po' di sano pathos è stato quando il patron del Gruppo Prada ha preso la parola. “Colgo l'occasione per ricordare la tragedia che si sta consumando in centro Italia – ha detto - vorrei fare un appello a tutte le imprese piccole, medie e grandi perché diano un concreto aiuto per ricostruire il patrimonio artistico plurisecolare distrutto dal terremoto. Lo Stato non può avere risorse sufficienti per riparare anche i danni alle opere d'arte, dovrà prima fare la parte che riguarda direttamente i cittadini, dar loro un tetto sotto cui ripararsi e i mezzi per ricominciare le attività lavorative. Non bisogna però dimenticare che lo Stato siamo noi, bisogna avere una coscienza civica e metter mano al portafogli perché viviamo in un Paese bello, antico e fragile”.
L'imprenditore che per inciso ha dato 350 mila euro solo per il restauro del Vasari e prima dell'entrata in vigore del cosiddetto art bonus che consente un credito d'imposta pari al 65 % dell'importo donato, conclude il discorso ufficiale raccontando di essere nato ad Arezzo in piazza Vasari e di aver giocato da ragazzo a pallone sotto le logge vasariane della sua città. Poi al termine della cerimonia rivela di aver partecipato all'epica lotta dei giovani volontari contro i danni provocati dall'alluvione a 1500 opere d'arte. “Insomma è stato un angelo del fango anche lei” conclude Marco Ciatti, direttore dell'Opificio delle pietre dure che ha eseguito l'incredibile restauro del capolavoro vasariano considerato perduto per circa 40 anni. Solitamente fumantino e poco incline all'auto ironia Bertelli borbotta che lui e tutti gli altri più che altro cercavano di non fare danni. “Ci conciavamo da sbattere via – ricorda – ma dovevamo ripulire le pagine prima di metterle ad asciugare. Per fortuna gli incunaboli più preziosi erano in alto, ma nei sotterranei è stato un disastro, ancora mi chiedo come abbiano fatto a rimettere tutto a posto”. Inutile dire che qualcuno metterà in dubbio la storia raccontata dall'imprenditore: nel mondo della moda pettegoli e maligni non mancano mai.
Peccato però che il dettaglio degli incunaboli fosse noto solo a chi c'era veramente, tutti gli altri si sono fidati e si fidano di un madornale errore commesso da Wikipedia che si è fidato di un'imprecisa cronaca dell'epoca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.