Le particelle non hanno un "posto". Ci sono solo onde di probabilità

Addio fisica classica. A livello di particelle elementari possiamo descrivere solo la probabilità che le "entità" siano in una determinata posizione

Le particelle non hanno un "posto". Ci sono solo onde di probabilità

Immaginiamo una vasca vuota. Una pallina lanciata in questa vasca seguirà un percorso, districandosi tra le curve, gli incavi, le eventuali scanalature anti-scivolo. Ora riempiamo la vasca con del liquido opaco, che non ci faccia più vedere le forme del fondo: che so, acqua e inchiostro. Se lanciamo un'altra pallina, questa affonderà creando piccole onde sulla superficie dell’acqua. Se prima, alla domanda “dov’è la pallina?” avremmo potuto rispondere con certezza in ogni istante, ora la domanda ci troverebbe un po’ spiazzati: “È sott’acqua, di preciso non saprei. Per quello che ne so, può essere ovunque”. Proprio in quel momento squilla il telefono. È il nostro amico fisico che, anche lui, aveva riempito la sua vasca di acqua e inchiostro. È una strana moda a quanto pare. Ci chiama per raccontarci una scoperta sensazionale. Le onde scaturitesi sulla superficie dell’acqua dal luogo di inabissamento della pallina non sono semplici onde d’acqua, hanno un significato più profondo: la loro ampiezza indica la probabilità di trovare la pallina in un punto se infiliamo proprio lì la mano in acqua.

“Se immergi la mano in corrispondenza di una cresta dell’onda vedrai che è molto più probabile trovare la pallina, rispetto a pescare in un altro punto”, ci dice. Nonostante la teoria suoni bizzarra e poco plausibile, decidiamo di testarla. Dopo molte, molte, molte, molte, molte immersioni di mano, l’implausibile idea del nostro amico sembra in effetti spiegare la realtà. La probabilità di trovare la pallina in ogni punto è in perfetta corrispondenza con l’ampiezza dell’onda. Ma questo è nulla in confronto a quanto scopriamo effettuando l’esperimento. Ogni volta che la mano immersa trova ed afferra la palla, l’ondeggiare dell’acqua smette istantaneamente! La superficie torna tutta perfettamente piatta, eccetto in corrispondenza del nostro braccio immerso. L’amico fisico non sembra così sconvolto come lo siamo noi, anzi. “Beh, è ovvio”, ci dice, “quando la tua mano trova la pallina in un determinato punto, per esempio sopra al buco dello scarico, la probabilità che la pallina sia sopra il buco dello scarico diventa istantaneamente certezza, e la probabilità che la pallina sia in qualsiasi punto diverso da quello diventa istantaneamente zero. Quindi la superficie dell’acqua deve tornare piatta”, conclude spavaldo, come se non si rendesse conto che quanto affermato contraddice qualsivoglia intuizione e buonsenso.

Lo sforzo di immaginazione comincia a farsi piuttosto impegnativo, vero? Eppure la realtà al livello più fondamentale conosciuto, ovvero a livello dei costituenti elementari della materia, funziona più o meno così, anzi si allontana ancora di più dalla nostra intuizione e le nostre convinzioni.

A livello di particelle elementari, ci dice la meccanica quantistica, non solo esistono onde di probabilità, non solo esse collassano improvvisamente non appena una particella elementare viene “afferrata” durante un esperimento come nel nostro assurdo esempio della vasca, ma dobbiamo anche dimenticarci del fondo della vasca e della pallina. Ci sono solo le onde di probabilità. Dobbiamo smettere di pensare il fotone, l’elettrone e le altre particelle elementari come palline che si muovono nello spazio, che possiamo seguire e delle quali possiamo prevedere il moto. Addio determinismo, addio fisica classica. I nostri oggetti e sistemi descrivibili in maniera deterministica che tanto ci sono cari sono solo l’approssimazione di un mondo microscopico dove non ci sono palline e particelle come siamo abituati a pensarle, ma — come vogliamo chiamarle, entità? cose? stati? — cose di cui possiamo descrivere solo la probabilità di essere in una determinata posizione, o di avere una determinata proprietà, come ad esempio la velocità. E questa probabilità evolve nel tempo seguendo un’equazione (l’equazione di Schroedinger) molto simile all’equazione che descrive il moto di un’onda che scaturisce da una pallina che cade in acqua. Queste cose, queste entità, le vediamo solo quando si manifestano in uno dei nostri strumenti di misura (come l’occhio per i fotoni). Solo cioè quando interagiscono con qualcos'altro.

Un pensiero consolante, che consolò anche noi quando fummo introdotti per la prima volta alla materia all’Università, è che l’intrinseca aleatorietà della meccanica quantistica sia solo una conseguenza del fatto che i nostri strumenti, sia quelli di misura che quelli matematici, sono limitati. A livello fondamentale il mondo è in realtà deterministico, ma non abbiamo strumenti abbastanza potenti per accedervi. La pallina lanciata nella vasca con acqua e inchiostro segue una traiettoria precisa, deterministica. Sono i nostri occhi che non sono in grado di vedere attraverso il liquido opaco, e quindi la descrizione con le onde di probabilità con tutte le sue stranezze è solo un’approssimazione dovuta alla nostra ignoranza. Consolatorio, non c’è che dire: peccato non sia così! O meglio, molti fisici dai primi del ‘900 ad oggi hanno provato a reinterpretare la meccanica quantistica come approssimazione di una teoria deterministica più fondamentale, ma il costo è sempre quello di non passare alcune prove sperimentali che la meccanica quantistica supera a pieni voti, o di dover introdurre idee ancora più difficili da accettare (almeno per noi) come ad esempio infiniti universi paralleli. Forse dovremo rassegnarci ad accettare che il mondo microscopico sia molto più strano di quello che vorremmo, che i costituenti elementari della materia siano aleatori e non-deterministici.

Ci fermiamo qui; questo articolo è già abbastanza lungo e ostico così.

La descrizione probabilistica è la base della meccanica quantistica. Fra due settimane proveremo ad introdurvi nel fantastico mondo dell’entanglement, dell’effetto tunnel, e delle altre conseguenze che da essa scaturiscono.

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