Quando l'inflazione fa impazzire monete e banconoteLA MOSTRA

«A cosa serve il denaro?» non è solo il titolo di un corrosivo pamphlet di Ezra Pound, ma è anche la domanda che sorge spontanea al visitatore di Signs of Inflation, una mostra allestita alla Federal Reserve Bank di New York a cura della Società Americana di Numismatica.
Sono infatti più di 200 gli oggetti esposti che, a partire dalle monete romane del VII secolo avanti Cristo, sono stati utilizzati dall'umanità come mezzo di scambio, e che sembrano non avere nulla in comune tra loro. Conchiglie, monete di vari metalli, bastoncini e semplici pezzi di carta mostrano come il denaro possa assumere qualsiasi forma, ammesso che in quella forma sia riposta la fiducia del popolo che decide di adottarlo come misura del valore e quindi mezzo di scambio della vera ricchezza. Quando la fiducia del popolo viene meno, ecco che anche il valore del denaro si affievolisce e appare il più temuto nemico dei banchieri: l'inflazione. La mostra è, oltre che molto interessante, altrettanto istruttiva: ci insegna infatti che le crisi ci sono sempre state e ci saranno sempre, soprattutto quando si commette l'errore di scambiare la ricchezza per la sua rappresentazione, i beni reali per la moneta.
Allora, quando il valore del denaro diminuisce, la valuta diventa spesso più curata e attraente, quasi per bilanciarne esteticamente la perdita di potere d'acquisto. Nella Francia rivoluzionaria, per esempio, le autorità continuarono a coniare monete con il ritratto di Luigi XVI anche dopo la sua decapitazione, per fingere una normalità che non c'era più. L'elogio dei bei tempi andati appare anche sui biglietti emessi ai tempi della Guerra di Secessione dagli Stati Confederati che rappresentano la schiavitù in termini oleografici, con schiavi sorridenti che lavorano felicemente nei campi. Ma l'effetto più impressionante resta quello causato da banconote con un valore nominale talmente alto da sembrare impossibile, come il biglietto dal valore di 100.000.000.000.

000 di dollari emessi dalla Banca dello Zimbabwe nel 2008 (lo potete vedere nella foto), che però impallidisce di fronte a quello ungherese del 1946, una banconota stampata e mai messa in circolazione, il cui valore è indicato da un 1 seguito da ben 21 zeri.

Per visitare la mostra è necessario fissare un appuntamento al sito www.numismatics.org/Exhibits/Signsofinflation.

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