«Twitteratura», un bel gioco che durerà poco

S e Cesare Pavese tornasse per un giorno nel mondo dei vivi apprenderebbe con sconcerto che due suoi libri (La luna e i falò e Dialoghi con Leucò) sono stati fatti a pezzetti e riscritti per Twitter da un'anonima massa di circa 400 «e-scrittori». L'idea di twitterizzare l'autore di Santo Stefano Belbo è venuta ai blogger di «Torino Anni '10» e ai responsabili della Fondazione Cesare Pavese, che ieri hanno presentato i risultati del loro esperimento al Salone del Libro di Torino.
Già tre anni fa la casa editrice Penguin Usa osò pubblicare in volume i contenuti di un sito creato da due studenti di Chicago, Alex Aciman and Emmett Rensin, che si erano divertiti come pazzi a riscrivere e parodiare i grandi classici della letteratura alla maniera di Twitter e cioè rispettando una griglia di 140 caratteri spazi inclusi: Joyce, Dickens, Shakespeare e Dante. Il volume si chiama Twitterature ed è tuttora uno dei più riusciti esempi di uso letterario dei social network.
A ben vedere, in questi ultimi anni, la letteratura non ha mai mancato di sfruttare i nuovi mezzi di comunicazione per provare a reinventarsi. A ogni nuovo medium, applicazione o piattaforma è corrisposto puntualmente il romanzo relativo. Sono stati quindi pubblicati romanzi epistolari in cui la corrispondenza avveniva per mezzo di sms (L'ultimo messaggio del finlandese Hannu Luntiala, mille sms per un totale di 332 pagine, uscito nel 2007 ma mai pubblicato in Italia) e romanzi epistolari composti di email (tra tanti possiamo citare Le ho mai raccontato del vento del nord di Daniel Glattauer, Feltrinelli, 2010). L'anno scorso l'apprezzatissima scrittrice americana Jennifer Egan si è prestata a scrivere una spy story usando Twitter come forma e come mezzo di diffusione, si intitola Black Box e, coerentemente, non è mai stata pubblicata in volume mentre l'eclettico Steven Soderbergh, il regista di Traffic e Ocean's Eleven, proprio in questi giorni sta twittando frase per frase il suo romanzo Glue sull'account @Bitchuation, condendolo di occasionali link a fotografie scattate da lui stesso. Twitter sarebbe stato molto usato dallo scrittore guatemalteco Augusto Monterroso, che amava cimentarsi in microracconti fulminanti come il celeberrimo «Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì». È decisamente un ottimo mezzo per scrivere in modo paratattico, cioè con frasi brevi, che è il modo in cui di solito scrive chi ha poco talento. Le frasi brevi fanno sempre un grande effetto di intensità e profondità, ma nella maggior parte dei casi significano proprio niente, quindi esiste il fondato timore che in fin dei conti la storia d'amore tra narrativa e social network sia una storia d'amore sterile. Pierluigi Vaccaneo della Fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo non è d'accordo: «Si può pensare quel che si vuole del risultato finale del nostro esperimento, ma su una cosa non si discute: abbiamo fatto leggere o rileggere i Dialoghi con Leucò ad almeno 400 persone. In tre mesi di attività l'hashtag #Leucò è entrato per ben tre volte nei trending topics e una follower ha perfino scritto che, come gioco, #Leucò era più appassionante di Ruzzle!» Questa improvvisa popolarità ha spinto la casa editrice Einaudi a offrire il libro originale scontato del 30%.


Il retrogusto dell'applicazione di modelli letterari a mezzi di comunicazione ultramoderni non è dei migliori, l'impressione è che si tratti semplicemente di sfide al limite dell'enigmistica, simili agli esercizi di stile degli scrittori legati all'Oulipo, ma che non esista un'autentica necessità. Chi lo fa lo fa per divertirsi e non c'è niente di male, anzi, però adesso pretendiamo di leggere al più presto il primo romanzo scritto per whatsapp 3.0.

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