DAPPORTO Con Goldoni comicità e talento raddoppiano

Al Manzoni «I due gemelli veneziani», da due secoli e mezzo il capolavoro del gioco teatrale dei simili e degli opposti

Ricomincia alla grande la stagione al Teatro Manzoni, dove si riapre il sipario con «I due gemelli veneziani» di Goldoni con la regia di Antonio Calenda (fino al 3 febbraio). Protagonista: Massimo Dapporto.
L'attore, giunto con una mezz'ora buona di ritardo (ma cosa non si consente a un personaggio simile?) alla conferenza stampa di presentazione inizia commentando da par suo l'attualità cittandina: «L’Ecopass è una disonestà perché coloro che ne hanno la possibilità riescono a inquinare più di chi è meno ricco», pensando forse agli orari degli spettacoli: «Dobbiamo affrettarci a chiudere le rappresentazioni perché siamo praticamente in balia degli orari della metropolitana», si sfoga.
Chiusa questa breve parentesi di attualità milanese, parliamo ora dello spettacolo, dove Dapporto interpreta il duplice ruolo di Tonino e Zanetto nella grande commedia all'italiana. Capolavoro della comicità e della scrittura scenica, già celebrata da Plauto con «I Menechmi», il gioco teatrale dei simili e degli opposti ne «I due gemelli veneziani» è portato a livelli altissimi da un Goldoni ormai pienamente padrone della tecnica e della drammaturgia di chi il teatro lo scrive ma sa farlo, di chi impone agli attori una parte, ma solo dopo averla rivissuta al proprio interno con le potenziali comicità. Ne risulta una commedia che, dall’esordio nel 1747 a oggi, non ha smesso di sorprendere e divertire e sembra immune al epso del tempo.
L'autore stesso avvertiva nella postfazione a «I due gemelli» che vi era «una cosa che vi è certamente riuscita in questa commedia, che non so a quale altro comico o poeta si amai riuscita: per ben condurre al suo termine la mia azione, mi è consentito far morire in scena uno dei due Gemelli, e la di cui morte che difficilmente tollerata sarebbe in una tragedia, non che in una commedia questa mia non reca all'uditore tristezza alcuna, ma lo diverte per la sua sciocchezza ridicola, con cui va morendo il povero sventurato. Io non credo arrogante la mia franca asserzione, quando ricordomi delle risa, sul momento delle sue agonie e dei suoi ultimi respiri». Parole che ancora risuonano di un'eco profonda nelle sale.
Nel vasto repertorio goldoniano «I due gemelli veneziani» non è una commedia della maturità, appartiene invece alla produzione del cosiddetto periodo pisano, che va dal 1745 al 1748, anno in cui si trova dolorosamente diviso fra la necessità di impiegarsi nel mondo dell'avvocatura e il desiderio di cedere definitivamente alla seduzione del teatro, scissione che probabilmente si riflette nelle opere allora composte. Eppure i segni della sua «riforma», coraggiosa e fondamentale nella storia del teatro, si intuiscono già come in filigrana nei personaggi delle tre commedie, appunto «I due gemelli», «Il servitore di due padroni» e «Il Frappatore». In questa sua immaginifica costruzione della morte è concepito l'intero universo goldoniano: abbiamo così la morte comica, in cui la gente si divertiva pur assumendone il topos: Ridendo castigat mores.

«Mi trovo a fare due personaggi fra “commedia dell'arte” e “commedia borghese” - spiega Dapporto - e lo Zanetto riceve alla fine molti più applausi del burbanzoso Tonino».
I due gemelli veneziani
Al Teatro Manzoni
Da oggi fino al 3 febbraio
Orari: feriali 20.45, festivi 15.30
Biglietto: 32 - 30 euro
Informazioni: 02.29004240

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