De Luca, l’alleato che porta guai a Tonino

Per lui Di Pietro abbandona la piazza e sceglie i poteri forti. Tre richieste di arresto, un collaboratore accusato di rapporti coi clan e un "sistema" per la vendita di terreni: che c’azzecca con Idv? Intanto Tonino e De Magistris si scannano sul "Fatto". E il secondo prepara la fuga

De Luca, l’alleato che porta guai a Tonino

Direbbe Tonino: qui è il bue che dice cornuto all’asino. E il detto cadrebbe a pennello per riassumere il senso della questione De Luca. Il caso cioè di un plurindagato, rinviato due volte a giudizio per truffa, concussione, associazione a delinquere e falso, che ha scelto però questo slogan per le Regionali: o votate me, anche a destra, o vincerà la camorra. È il bue che dice cornuto all’asino, poteva dire Antonio Di Pietro ma non lo dirà, perché il leader Idv ha scelto, spiazzando tutti e spaccando la sua base, di sostenere De Luca.

Un incredibile cambio di rotta che sta provocando un cataclisma capace di ridisegnare la rete di alleanze di Tonino: non più i grillini e la galassia giustizialista di Travaglio e Flores D’Arcais, ma una nuova sponda verso qualche potere forte, anche se macchiato da pesanti indagini giudiziarie. Intanto arrivano i fendenti dagli (ex) amici, prima Travaglio, sul Fatto di ieri, poi Beppe Grillo sul suo blog («Tu quoque Tonino...»): «Il giorno dopo l’appoggio a De Luca come governatore della Campania da parte di Antonio Di Pietro mi sono svegliato con la testa pesante, con un senso di nausea – scrive Grillo -. Perché dilapidare un patrimonio di consensi per un signore con due processi pesantissimi in corso? Era meglio Bassolino che di processo ne ha uno solo ed è anche più simpatico di De Luca».

Il candidato scelto da Tonino come «alternativa alla criminalità», è un uomo su cui gravano pesanti accuse e sospetti. Nei suoi confronti l’ex pm di Salerno Gabriella Nuzzi ha chiesto per tre volte l’arresto. De Luca accusa di collusioni coi casalesi il Pdl campano e invoca le dimissioni, ma un suo uomo di fiducia fu candidato al consiglio provinciale di Salerno dopo essere stato rinviato a giudizio per 416bis (accusato di rapporti col clan Forte). Poi, quando era ancora sindaco, una delle aziende appaltatrici del Comune fu interdetta dal prefetto, e per altre si parlò di legami con i clan.

I due tronconi di indagine che adesso lo riguardano partono dalla cessione dei suoli dell’ex Ideal Standard a varie società che avrebbero dovuto realizzare un mega parco marino (il Sea park), mai iniziato. La vendita dei suoli sarebbe stata fatta «a prezzi molto inferiori rispetto alla stima effettiva» sostiene l’accusa, che parla di un «sistema-De Luca» basato sulla lievitazione dei costi dei terreni, «una gestione illecita e affaristica delle aree del territorio salernitano, un mercato intorno a cui si sviluppa l’azione criminosa di soggetti privati e pubblici». De Luca, all’epoca dei fatti contestati, non era più sindaco di Salerno ma parlamentare Ds, a guidare il Comune c’era però il suo ex segretario particolare, Mario De Biase (anche lui rinviato a giudizio), candidato nel 2001 perché De Luca aveva già raggiunto il limite massimo dei due mandati consecutivi. Ebbene De Luca, secondo il Pm, avrebbe sostenuto la chiusura dell’Ideal Standard «per favorire vari gruppi imprenditoriali, allo scopo di conseguire indebite erogazioni di denaro» e non, come ha sostenuto lui al congresso Idv, per ottenere la cassa integrazione dei lavoratori. Per un curioso scherzo del destino, l’udienza del processo Sea Park è fissata per il 29 marzo, il giorno in cui si saprà il nome del nuovo presidente della Campania.

A Salerno De Luca è noto come sindaco-sceriffo, promotore in prima persona di ronde anti clandestini («li prenderemo a calci nei denti e li butteremo a mare») e antiprostitute (famosa la volta in cui una di loro rifilò uno schiaffo al primo cittadino). È tra i sindaci più popolari d’Italia secondo le classifiche del Sole24Ore, ma è anche tra quelli che hanno saputo costruire negli anni un sistema di potere capillare. Promette di tagliare tutte le consulenze, ma i suoi uomini siedono ai vertici dell’Asi, l’Agenzia per lo sviluppo dell’area di Salerno, delle società partecipate del Comune (molti dei dipendenti hanno fatto campagna elettorale per lui), delle Asl di Salerno, dove recentemente è stata assunta - con la qualifica di sociologa - la moglie, con un concorso dubbio che è sfociato in un rinvio a giudizio per la consorte di De Luca.

Si è fatto astutamente paladino della lotta alla «politica politicante», di cui però è esponente lui stesso, dopo una vita da funzionario di partito prima nel Pci, poi nel Pds, poi nel Pd ma nella versione personalistica locale, il deluchismo. L’altra abilità politica di De Luca, oltre ad aver guadagnato l’appoggio della potente lobby dei costruttori salernitani, è quella di aver saputo monetizzare la rivalità con Napoli, «cannibalizzando» il declino di Bassolino, di cui è acerrimo nemico, e della Iervolino.

Quando scoppiò il caso Romeo, a Napoli, si scagliò contro i politici intercettati. Fu contrario però alle intercettazioni che riguardavano lui, e che furono distrutte dopo un voto della Camera perché «totalmente irrilevanti».

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