Con De Niro e Bruce Willis Cannes si guarda allo specchio

da Cannes

Il film di chiusura del Festival di Cannes è tradizionalmente leggero. Dopo dieci giorni, nei quali si assiste a tre-quattro, talora cinque film al giorno - anche di quattro ore e mezzo, come Che di Steven Soderbergh - per avviare il graduale ritorno alla normalità si programma una commedia che compensi i tanti drammi dei giorni precedenti. Meglio ancora se il film di chiusura racconta, schierando divi o comunque celebrità, il mondo del cinema; meglio del meglio se il film si svolge in parte al Festival e mostra la «montée des marches». È un picco di narcisismo, certo, ma è buffo vedere sullo schermo un pubblico che guarda un film nella stessa sala dove si guarda un film.
Così What Just Happened? (Che cos'è appena successo?) di Barry Levinson, con Robert DeNiro, Catherine Keener, Bruce Willis, Stanley Tucci, John Turturro e Robin Wright Penn, pare costruito per terminare questo Festival. Ha infatti i requisiti di cui sopra; per giunta è interpretato dal presidente della giuria, Sean Penn, nel ruolo di se stesso. E fra i personaggi minori uno è il delegato generale del Festival, cioè Thierry Frémaux.
I giochi di specchi di What Just Happened? funzionano proprio quando si evoca il potere del Festival di lanciare i rari film hollywodiani che Hollywood giudica troppo ambiziosi e troppo poco redditizi. Prima c’è solo l’ennesima versione del noto detto: il cinema è un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo. Insomma, che atroce eppure stupenda esistenza conduciamo noi intellettuali asserviti al profitto, ma in lotta per dare un finale realistico, quindi deprimente, a film che le grandi compagnie, attraverso i loro ottusi dirigenti, vorrebbero con sbocchi consolatori.
Naturalmente a questa grande causa artistica, quella della mente contro l’oro, si mescola la convulsa vita privata dei combattenti, dove il produttore (DeNiro) vuol riconquistare la moglie (Wright Penn), amante di uno sceneggiatore (Tucci); e dove il regista (Michael Wincott) ricomincia a drogarsi quando scopre che gli si vuole tagliare dal suo giallo non uno dei tanti omicidi del suo immaginario giallo, ma l’unico canicidio. Da quello è stato turbato infatti il pubblico di una proiezione di test in provincia!
Sono situazioni note a chi si occupa di cinema professionalmente, che la sceneggiatura di Art Linson ricostruisce con un piglio divulgativo oscillante fra le esigenze degli intellettuali di farsi prendere sul serio e la realtà del potere, per la quale il reddito, anche di un intellettuale, corrisponde alla sua resa commerciale. A proposito: anche i divi hanno le loro impuntature. Così Bruce Willis interpreta se stesso, che si è fatto crescere la barba per un mese, come richiesto dalla sceneggiatura; ma quando un ritocco alla sceneggiatura, che non gli era stato detto, lo vuole rasato, rifiuta di farlo.

Sarebbe bello se questo film sul cinema, che si vuole anche film da festival, fosse coerente con la logica di questa seconda categoria, cioè se si sottraesse alla logica del lieto fine a dispetto della coerenza. Ma è l'ultimo giorno. Molti hanno già lasciato Cannes. E i pochi rimasti non hanno più voglia di fingersi seri.

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