Decine di aziende chiuse e centinaia di disoccupati Ma le istituzioni tacciono

(...) Invece - è sempre il presidente del Comitato che spiega - dopo aver subìto lo sfratto, abbiamo subìto pure la beffa: non solo ci hanno dato l’ultimatum, ingiungendo di andarcene per motivi di forza maggiore, ma ci hanno anche offerto delle soluzioni alternative a nostre spese. Cioè, senza quelle agevolazioni che, fino a prova contraria, sono concesse abitualmente in casi analoghi».
Una storia che va avanti da tanto, troppo tempo, oltre un decennio. In questo periodo, ben 36 aziende sono «saltate», oltre 180 dipendenti sono rimasti senza lavoro, ma i rappresentanti delle amministrazioni locali, Comune, Regione e Autorità portuale (il «padrone di casa» delle area di proprietà demaniale), si sono limitati «a ricevere le nostre delegazioni - precisa Costa, che è egli stesso titolare di un’impresa in zona -, a proporci opportunità milionarie, in euro, naturalmente. E poi, una volta individuato magari un sito soddisfacente, a dirci che, no, non era più disponibile».
L’altalena, sfiancante, dura tuttora, altre imprese stanno per gettare la spugna. «Io stesso - tuona il leader del Comitato, che non ha perso lo spirito combattivo, ma deve anche fare i conti con il bilancio - a fine anno, in mancanza di fatti nuovi, chiudo e, a malincuore, mando a casa i miei dipendenti, quelli che hanno condiviso con me, in questi anni, con passione e impegno costante, lo sviluppo dell’azienda, e ora si vedono messi alla porta per ragioni incomprensibili. Basti pensare - insiste Costa - che prima mi hanno offerto di spostarmi all’interno dell’elicoidale, poi in fondo a Lungomare Canepa, infine in un sito a fianco della mia attuale collocazione, in via Balleydier. Risultato? Tutto smentito. E dove dovevo insediarmi io, ho scoperto che hanno concesso lo spazio a “Music for peace“. Che tutto il giorno, capite?, fa suonare Bella ciao!».
Nel frattempo, l’assessore Mario Margini ha lanciato l’idea di concedere ad alcune imprese 30mila metri quadrati, i governatori che si sono alternati al vertice della Regione hanno espresso solidarietà, l’Autorità portuale ha manifestato comprensione... Ma non è cambiato nulla.
«Sono rimaste in piedi, si fa per dire, una quindicina di aziende - conclude Costa -. A questo punto, non ci resta che scendere ancora una volta in piazza e far conoscere la situazione a tutti i cittadini.

È amaro riflettere sul fatto che le istituzioni si mobilitano, giustamente, per salvare dalla chiusura un’impresa da dieci, venti dipendenti, e se ne fregano invece, spiace ammetterlo, nel caso di Sampierdarena, per aziende che, singolarmente, hanno uno o due addetti, ma messe insieme ne fanno centinaia. Dopo il ricorso al Tar, ci siamo appellati al Consiglio di Stato. Dopo, non ci resta altro che la chiusura. Non è così che la città, il Paese può parlare di sviluppo».

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